REDAZIONE BOLOGNA

In scena ’Natale in casa Cupiello’: una magia con attore e pupazzi

Domani al Laura Betti lo spettacolo di Luca Saccoia che ha alle spalle oltre cento repliche "Non è una riscrittura, ma uno studio delle varie versioni. Spesso il pubblico anticipa le mie battute".

Luca Saccoia porta a Casalecchio ’Natale in casa Cupiello’ con splendidi pupazzi

Luca Saccoia porta a Casalecchio ’Natale in casa Cupiello’ con splendidi pupazzi

"Te piace ‘o presepe?", scolpita nella storia della drammaturgia novecentesca, è la battuta che Luca Cupiello rivolge al figlio Tommasino, ricevendo puntualmente un "No!" come risposta. L’idea di Vincenzo Ambrosino e Luca Saccoia prende forma partendo da uno dei testi più noti di Eduardo De Filippo, ‘Natale in casa Cupiello’. L’unico attore in scena è Saccoia, che si confronta con un’installazione teatrale ‘viva’, fatta di sette pupazzi, mossi da maestri manovratori e costruiti da Tiziano Fario, scenografo di Carmelo Bene. ‘Natale in casa Cupiello, spettacolo per attore cum figuris’, regia di Lello Serao, approda nel circuito Ater. Domani alle 21 è al teatro Laura Betti di Casalecchio, domenica Cattolica e martedì a Correggio. Negli esordi scenici di Saccoia c’è la collaborazione con la compagnia di Luca De Filippo (figlio di Eduardo): "Ho avuto la fortuna di recitare in ‘Napoli milionaria’ (2003), di Francesco Rosi. Poi ho intrapreso altri percorsi. Ma con Luca siamo rimasti amici".

Il primo ricordo che le viene in mente? "Il primo telegramma che ho ricevuto quando è morta mia madre, è stato il suo. Per me teatro e amicizia devono andare di pari passo. E sicuramente nel nostro ‘Natale in casa Cupiello’ c’è un po’ di Luca". Sarà anche per questo che è arrivato a quasi cento repliche? "Dopo tante repliche si riesce a dare un nome e un cognome agli errori. Oppure a esaltare una battuta. La fortuna è poter agire tutti i giorni sullo spettacolo e frequentare pubblici diversi".

Che cos’ha il vostro spettacolo di speciale? "Eduardo diceva che era una commedia magica, fatata, anzi ‘affatata’, e io credo che la nostra messinscena sia abbastanza fedele al testo di De Filippo. Non è una riscrittura, parte dallo studio di varie versioni del testo. Il pubblico riesce a concentrarsi sulle parole perché non ci sono attori, ma pupazzi".

Cosa rappresenta per lei? "L’incontro con il me bambino. Guardavamo questa commedia dai nonni con tutta la famiglia. Le battute venivano evocate, rimescolate, sbagliate da tutti ed era divertente".

I ricordi hanno influenzato la messinscena? "Certamente. Rivivo tutta la vicenda dal punto di vista di Tommasino che ricostruisce la sua famiglia. I pastori, pupazzi giganti, diventano i suoi familiari. La cosa meravigliosa è che molte volte il pubblico dice prima di me le battute".

La difficoltà più grande? "La concentrazione è altissima. Sul palco sono da solo, ma con me lavorano i manovratori che agiscono sui pupazzi e con i quali devo respirare all’unisono. Non mi posso permettere di uscire dal testo".

Amalia Apicella