L’affollamento dei Pronto soccorso si registra a ondate, ma in questo periodo il problema sembra diventato ancora più pressante. Nel momento in cui l’assessorato regionale alle Politiche per la salute è a un passo dall’accordo con i sindacati per ridare ossigeno alle strutture di emergenza, ne parla Raffaele Donini nella pagina accanto, i cittadini, già provati dai disagi causati dal Covid, si sono stancati delle lunghe attese e le segnalano.
Caos pronto soccorso a Bologna, Donini: "Più personale e incentivi"
Teresa Vitale, 66 anni, scrive in una email che la settimana scorsa è andata al Pronto soccorso del Sant’Orsola per un problema a una gamba: "Temendo un trombo ho deciso di farmi vedere. Arrivata alle 16,40 ho avuto un codice verde. In sala d’attesa c’erano una ventina di persone tra cui una signora anziana che era caduta". Il racconto prosegue: "Alle 19 nessuno di noi era stato chiamato". Più avanti aggiunge che "alle 20,30 è uscita un’infermiera dagli ambulatori e a una richiesta di informazione ha detto ’stiamo visitando quelli delle ore 12’", così, "facendo un rapido calcolo, ho deciso di tenermi la preoccupazione, avrei prenotato prima possibile un esame a pagamento, e alle 20,50 sono andata all’accettazione per dire che me ne andavo. Ho fatto in seguito un ecocolordopller a pagamento e mi sto curando per un’infiammazione". Il Sant’Orsola, da noi contattato, verificherà il caso. La donna ha scritto anche a Chiara Pazzaglia, presidente delle Acli di Bologna, che l’altro giorno ha pubblicato su Facebook quanto è accaduto alla madre,80 anni, che ha trascorso 11 ore al Pronto soccorso del Policlinico, "dimessa alle 3.30 di notte" e inviata da uno specialista il giorno dopo.
Adesso Pazzaglia precisa di "aver ricevuto tante email, sono molti i bolognesi che mi hanno scritto raccontandomi di lunghe attese, mi dicono che il mio non è stato un caso isolato. So che la nostra sanità raggiunge dei picchi di eccellenza, ma poi per la carenza di medici capita a tanti di imbattersi in questi episodi. Ho ricevuto lettere anche da altre Regioni, Lombardia, Toscana e Lazio". E anche il Pronto soccorso del Maggiore è da giorni sotto pressione per l’alto numero di accessi.
La politica non resta insensibile al tema. "I Pronto soccorso strabordano e mandano in tilt il sistema e la pazienza (finita) dei cittadini? I numeri dell’affluenza sono superiori alla fase di pre-pandemia e peggiorano giorno dopo giorno? La soluzione c’è da un pezzo", sostiene il consigliere comunale civico Gian Marco De Biase: i codici bianchi sono "da dirottare verso le Case della salute". Le unità operative dell’ospedale dedicate ai casi di emergenza-urgenza "che oggi, a differenza che in passato, sono a tutti gli effetti luoghi di diagnosi e cura dove si garantisce la prima valutazione medica – continua l’esponente di Bologna ci piace – possono essere organizzate nelle Case della salute di ogni quartiere o Comune metropolitano". Occorre però "rilanciare sul serio e bene il ruolo di queste fondamentali strutture – continua De Biase – anche in base a quelle che dovevano essere le funzioni di presidio sanitario sette giorni su sette, 24 ore su 24". E se la Giunta "ci informa che prossimamente verranno realizzati ambulatori per i codici bianchi con almeno 25mila accessi", per De Biase bisogna "ripensare a quest’ultima nuova soluzione organizzativa, che probabilmente non risolverebbe il problema di passare giorno e notte nei corridoi dei nosocomi per lesioni o traumi non gravi, esasperando medici e pazienti".
E dopo le riserve espresse dalla Fp Cgil sulle proposte lanciate da viale Aldo Moro, Giancarlo Tagliaferri, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, attacca: "Anche la Cgil boccia la Regione sul piano per affrontare le code ai Pronto soccorso Anche la Cgil, dunque, è stanca delle false promesse della giunta e di proposte di soluzione che ricordano il gioco delle tre carte. Perché altro non si può definire l’idea di spostare in ambulatori i codici bianchi".