
La dottoressa Anna Rita D’Ecclesia racconta la sua giornata tipo e di come le cose siano cambiate anche dopo il Covid
Burocrazia, messaggi a tutte le ore, pazienti arrabbiati: la giornata tipo di un medico di medicina generale appare tutt’altro che semplice, come si evince dal racconto Anna Rita D’Ecclesia, 60 anni, medico di famiglia da oltre venti anni, con ambulatorio nella zona di San Lazzaro.
"Quando arrivo in ambulatorio, il mattino, la prima mezz’ora ci sono le urgenze – spiega – e sono sempre una decina di persone, poi arrivano quelli che vogliono farti vedere gli esami ed è già il tempo degli appuntamenti ma, nello stesso tempo, arrivano i messaggi per richieste, ricette, ci sono i certificati medici per i quali le persone arrivano. La mia reperibilità è dalle 8 a mezzogiorno – precisa D’Ecclesia –. Altri la danno solo di due ore ma io non ce la faccio. Da sottolineare che le chiamate dei pazienti arrivano anche mentre faccio ambulatorio: se posso rispondere rispondo, altrimenti lo devo fare quando termino tutte le visite, quindi se ne va almeno un’altra mezz’ora".
La dottoressa spiega che l’orario di ambulatorio mattiniero "dovrebbe terminare alle 12,30 ma spesso esco alle 14 perché devo finire di scrivere ricette, richieste, poi ci sono le varie certificazioni, comprese quelle di invalidità che non riesco a fare in orario di ambulatorio perché ci vuole almeno mezz’ora. Certe volte anche un’ora – precisa – in quanto devi leggere tutti i referti per compilare questo documento: a volte li tengo per il sabato o la domenica".
A questo vanno aggiunte le visite domiciliari: "Domani (oggi, per chi legge) ne ho una quindi sarò a casa non prima delle 15. Questo per dire che si lavora molto di più delle 38 ore che vogliono inserire in questo, assurdo, nuovo accordo nazionale". D’Ecclesia riflette anche sui giovani medici che sempre meno scelgono questa professione: "Non hanno chiarezza di dove dovranno andare con la nuova organizzazione".
E sottolinea un aspetto che molti medici hanno notato: "Siamo di fronte a pazienti molto più aggressivi dopo la pandemia. Prima non era così. Adesso provo una sorta di angoscia, prima andavo in ambulatorio felice e contenta. Dopo il Covid le persone sono cambiate – dice –: sono molto più aggressive, non che mettano le mani addosso, ma è una continua aggressività psicologica, chiedono in continuazione esami, visite. Chiedono l’urgenza e quando si può la metto, poi tornano perché magari li mandano a fare la visita Porretta e non ci vogliono andare, quindi chiedono una nuova ricetta senza l’urgenza e tante volte finisce che vanno a pagamento. Tutti i giorni così".