PIERFRANCESCO PACODA
Cronaca

"Il volto, così importante e così imperfetto"

Il grafico e designer Falcinelli presenta oggi al Mast il volume ’Visus’: "Il suo uso consapevole è recente, a partire dall’urbanizzazione"

Il grafico e designer Falcinelli presenta oggi al Mast il volume ’Visus’: "Il suo uso consapevole è recente, a partire dall’urbanizzazione"

Il grafico e designer Falcinelli presenta oggi al Mast il volume ’Visus’: "Il suo uso consapevole è recente, a partire dall’urbanizzazione"

Cosa si cela dietro la rappresentazione di un volto? Cosa comunica l’immagine del viso di una persona e in che maniera? Riccardo Falcinelli, uno dei più originali grafici italiani, sua l’impostazione del design della collana Stile Libero di Einadi, racconta le trasformazioni dell’idea del ‘ritratto’ nel corso dei secoli nel suo nuovo libro, Visus. Storie del volto dall’antichità al selfie che presenta questa sera nella rassegna Le voci dei libri all’Auditorium Mast (Via Speranza, 42, ore 18.30). Dialoga con l’autore Marcella Terrusi.

Falcinelli, perché questa fascinazione nei confronti dei volti umani?

"Per il loro essere strumenti di comunicazione politica e sociale, da un lato, e da un altro, perché si tratta sempre di rappresentazioni imperfette, che noi crediamo assolvano al meglio la loro funzione di ‘pubbliche relazioni’ e sulle quali invece non abbiamo alcun controllo, nonostante ne siamo ossessionati".

Ci spieghi.

"L’uso consapevole del volto è una istituzione abbastanza recente. Nell’800, prima dell’urbanizzazione, la civiltà contadina non imponeva la necessità di avere un viso che ci rappresentasse. Si abitava in campagna, non esistevano i rapporti sociali, ci si lavava realmente solo se c’era un vero motivo per farlo, non si prestava attenzione ai capelli pettinati. Il bisogno di una ‘faccia’ arriva quando la vita in città ci obbliga a rispettare questa convenzione. Per questo parlo di ruolo politico del ritratto di noi stessi. Non nasce dettato dalla vanità, ma dal bisogno".

Eppure, dopo tanti decenni e le tecnologie, lei dice che è rimasto uno strumento imperfetto.

"Certo. Perché non riusciamo a dominarlo, non ci asseconda, sono troppe le variabili che partecipano al gioco. Me ne sono accorto in questi giorni di continue presentazioni del libro, e quindi di incontri con le persone dove dovrei sfoggiare un viso da situazione mondana. Poi subentra la stanchezza, il viaggio, e il mio viso, proprio quando mi servirebbe perfetto, non lo è. Occhiaie, pelle con imperfezioni. È un oggetto che si trasforma a una velocità incredibile…".

Lei apre il libro con un singolare ricordo personale.

"Sì, mia madre ha una sorella gemella ed è impossibile, se non per i parenti stretti riconoscerle, sono identiche. Dovendo fare il passaporto scelse di mettere sul documento la foto della sorella, quindi di farsi rappresentare da un’altra persona. E quel passaporto l’ha accompagnata a lungo, attraverso le frontiere internazionali".

E che motivazioni addusse sua madre?

"Non era una donna vanitosa, anzi. Ma era fermamente convinta che quel ‘non ritratto’ comunicasse meglio la sua personalità. Un viso per un altro, un piccolo gioco".

Tra le tante storie che lei racconta nel libro, quale descrive meglio il potere del volto?

"Sicuramente la vicenda dell’Imperatore Augusto, il primo uomo politico della storia che comprese l’importanza della comunicazione di massa, scegliendo l’effigie del suo volto che, riprodotta in marmo, lo avrebbe dovuto rappresentare in ogni angolo dell’impero. Una serialità che ha fatto scuola!".