MARIA LETIZIA CAMPARSI
Cronaca

Il Villaggio della Speranza, città nella città "Modello di welfare da replicare in periferia"

È stato fondato da don Giulio Salmi nel 1991 e ospita 120 famiglie di diversa provenienza. Lo scopo del progetto è la condivisione della vita a 360 gradi

di Maria Letizia Camparsi

A raccontarlo sembra un mondo ideale, come quelli che si vedono nei film. Eppure esiste e si trova a Bologna, nella sua estrema periferia. Il Villaggio della Speranza è una sorta di città nella città, in cui gli abitanti vivono nei loro appartamenti, ma a stretto contatto gli uni con gli altri: in inglese viene definito ’social housing’, edilizia sociale, ovvero un progetto abitativo che include spazi per la socialità e la condivisione. Qui ci vivono 120 famiglie, per un totale di 300 abitanti. Ci sono anziani soli, coppie di giovani che chiedono accoglienza perché non possono permettersi un mutuo, famiglie numerose e persone di tutte le provenienze, per un mosaico di quasi 20 nazionalità differenti. Il Villaggio è diviso in dieci corti, composte da una dozzina di appartamenti ciascuno.

"Qui le porte delle case sono sempre aperte – spiega don Massimo Vacchetti, presidente della fondazione Gesù Divino Operaio, che detiene la proprietà del Villaggio e di tutta l’area di Villa Pallavicini – perché chiediamo di condividere la propria vita, il proprio tempo e darsi una mano accudendo gli anziani o i figli degli altri, e infine di curare il luogo in cui vivono. Lo scopo è creare una comunità".

Questo modello di welfare funziona, secondo don Massimo, che consiglierebbe al futuro sindaco di replicarlo: "Ci piacerebbe stringere i rapporti con la città. Sarebbe bello se l’amministrazione ci notasse e desiderasse per le proprie politiche abitative e per i proprio quartieri, specialmente in periferia, di riproporre un modo di vivere e abitare come quello che sperimentiamo noi. Siamo contenti di aver appena festeggiato i 30 anni dalla fondazione di questo progetto, realizzato da don Giulio Salmi. Tutt’oggi portiamo avanti le sue idee. Ad esempio, qui gli abitanti non pagano un vero affitto, ma donano un contributo in base al loro reddito, a quello che possono permettersi, e indipendentemente dalla grandezza della loro casa".

Il nucleo abitativo, diviso in due ale, è collocato all’interno dell’area verde di Villa Pallavicini, assieme ad altre associazioni di volontari come la ’Casa della Carità’, che ospita 20 disabili, oppure ’Casa Santa Chiara’, realtà di aiuto, servizio e riabilitazione delle disabilità cognitive, e infine la Cooperativa della Carovana, che accoglie richiedenti asilo e persone di cui si stanno prendendo cura i servizi sociali. Nello stesso perimetro sorge anche la storica polisportiva Antal Pallavicini.

Il Villaggio della Speranza è amministrato da un responsabile, Mario Larocca, che in passato ci ha abitato per molti anni. "Sono stato fortunato – racconta –, perché gli anziani del posto sono stati come dei nonni per le mie due figlie e come tali sono ricordati da loro, che sul comodino tengono ancora una loro foto. Non sto dicendo che qui è tutto rose e fiori, ci sono dei problemi come in qualsiasi realtà, ma quello che diciamo agli abitanti è di impegnarsi per vivere insieme, di aiutarsi. Ci sono diverse famiglie straniere che si sono integrate molto bene, perché l’idea rimane la stessa: viviamo insieme".

Un concetto ripreso e condiviso anche dagli abitanti del Villaggio, come Shatha Fadheel, nominata ’sindaca’ della sua corte: "Vivo qui da quando sono arrivata dall’Iraq, con la mia famiglia. Per noi condivisione significa anche spartirci le mansioni per curare il posto che ci accoglie: c’è chi taglia l’erba, chi pulisce gli spazi comuni. Al Villaggio trovi sempre qualcuno disposto ad aiutarti".

Diverse le iniziative messe in campo per cercare di creare un filo conduttore con la città: "Un’occasione di incontro è stato il 30esimo anniversario del Villaggio, a cui era presente anche il primo cittadino Virginio Merola – illustra Alessandra Biconne, un’altra abitante ’sindaca’ –. Quel giorno abbiamo dedicato le panchine del parco a donne significative per la nostra storia. È stato un passo verso il futuro e verso la città, perché l’evento era aperto a tutti". Durante l’estate, poi, c’è la Rassegna ’Liberi’, una serie di incontri con scrittori che ha anche lo scopo di attrarre il pubblico cittadino.