di Donatella Barbetta
Traguardo speciale per Franca Martinelli: vive con un rene donato da 40 anni e giovedì, per l’anniversario, sarà festeggiata al Sant’Orsola dall’Associazione nazionale trapiantati di rene.
Come ha trascorso questo lungo periodo?
"Molto bene, perché il mio rene funziona perfettamente: sono consapevole di aver avuto il meraviglioso dono di una seconda vita che mi ha permesso di rimanere accanto alla mia famiglia. Oggi sono una donna di 74 anni, compiuti lunedì, mamma di Monica e nonna di Sofia, vivo serenamente e intensamente grazie al trapianto".
Come è arrivata all’intervento?
"Nel 1981 quando mi informarono che i miei reni erano ormai compromessi a causa di un’infezione, tanto da dover iniziare la dialisi: ero disperata. Solo l’idea di non poter crescere mia figlia, a quell’epoca undicenne, mi faceva morire dentro, minuto dopo minuto. Fui messa in lista d’attesa per ricevere il trapianto di rene, sapevo che era la mia unica chance per continuare a vivere".
Come si vive nell’attesa di un trapianto?
"Con momenti di grande sconforto al solo pensiero di non farcela, perché a quell’epoca la dialisi per me era devastante, ma con l’immenso aiuto e amore di mio marito Paolino e di mia figlia, dei miei genitori e di mio fratello riuscii a tirare avanti. Abito a Bazzano e da lì venivo accompagnata al Sant’Orsola per la dialisi. A tredici mesi dall’inserimento in lista, in una fredda sera d’inverno, arrivò la telefonata".
Qual è il suo ricordo?
"Erano le ventidue quando squillò il telefono, dall’altra parte una voce rassicurante mi diede la notizia tanto attesa, chiedendomi di andare la mattina seguente al mio reparto di Nefrologia del Sant’Orsola, perché forse c’era la possibilità di ricevere il trapianto. Così la mattina del 9 febbraio 1983, mi presentai piena di speranza nel reparto diretto dal professor Vittorio Bonomini. Dopo qualche ora di attesa, ricevetti il responso: ero io la persona idonea per poter essere sottoposta al trapianto. E nel pomeriggio iniziò l’intervento condotto dal dottor Alessandro Faenza e concluso con successo".
Le prime sensazioni al risveglio?
"Capii subito che la mia seconda vita era iniziata. E da allora ringrazio ogni giorno con tutto il cuore il donatore diventato il mio ‘angelo custode’ e prego per lui e la sua famiglia. Io sono la testimonianza che la donazione salva una persona".
Il ricovero è stato lungo?
"Sono stata dimessa dopo ventiquattro giorni, grata nei confronti dei medici e di tutto il personale, e ho ricominciato a vivere normalmente insieme alla mia famiglia. E da allora mi sottopongo a controlli periodici, seguita dal reparto di Nefrologia diretto dal professor Gaetano La Manna che ringrazio, insieme ai suoi collaboratori".
E nel 2004 ha fondato l’Associazione nazionale trapiantati di rene?
"Sì, sono tra gli undici soci che hanno costituito l’Antr, fondamentale per l’affiancamento e il supporto a chi come me ha avuto un trapianto e ancor più importante per chi è ancora in dialisi e in attesa di ricevere un rene. E poi ci occupiamo di prevenzione e di sensibilizzazione alla donazione".
L’attività di volontariato ha aiutato anche lei?
"Certo. Ho sentito il bisogno di impegnarmi per gli altri e da più di dieci anni sono anche la coordinatrice Auser di Bazzano: trasportiamo i cittadini più fragili a visite e terapie negli ospedali e al centro diurno di Crespellano".