Bologna, 12 dicembre 2024 – Era il 1984 e la italo disco, in buona parte creata proprio a Bologna, faceva ballare il mondo. Tra le tante produzioni, che spesso erano solo lavori fatti in studio, senza un volto, si impose conquistando velocemente le classifiche internazionali, Self Control, un brano con un forte accento melodico cantato da un ragazzo che proveniva da altre traiettorie sonore, dal rock e dal punk. Oggi, a distanza di 40 anni, Raf torna a portare quel brano, e i suoi innumerevoli successi, come Sei la più bella del mondo, Il battito animale e Cosa resterà degli anni ‘80, dal vivo. Domani sarà all’Estragon (alle 21).
Raf ci racconta quale fu l’idea dietro uno dei brani più famosi di sempre della musica italiana?
"Io venivo dal punk, avevo vissuto per anni a Firenze, con il mio gruppo, i Cafe Caracas, facevamo parte della primissima scena del punk fiorentino, era la fine degli anni ’70. E di quella musica continuavo a essere innamorato. Self Control non nacque come brano italo disco, nemmeno sapevo cosa fosse allora. Era, semplicemente, un grintoso giro di chitarra rock che cercava una forma di espressione. E mi aiutò a trovarla Giancarlo Bigazzi, che seguì la produzione, insieme riuscimmo a caratterizzare il brano con quell’incedere che metteva insieme dance music e la nostra melodia".
Lei si aspettava quello che sarebbe successo?
"Per nulla! Tutto inaspettato. Arrivò la versione di Laura Branigan e Self Control divenne uno dei più grandi successi della musica italiana. Nessuno, non solo io, ma nemmeno la casa discografica, poteva immaginare la notorietà planetaria della canzone".
Lei, poi, aveva altre radici musicali.
"Per me Self Control era un esperimento, una specie di episodio unico in una carriera che pensavo si sarebbe sviluppata più lentamente, all’interno dei circuiti che mi erano cari, quelli del rock indipendente. Invece la mia etichetta voleva che, a quel punto, realizzassi in serie altre canzoni copia di quella. Pensavano a un album di electro pop, di brani per far ballare. Avrei dovuto trasferirmi in America e sfruttare quella scia. Ma non aveva a che fare con la mia idea di musica. Così ho continuato seguendo altri orizzonti".
Difficile mettere da parte gli anni dei Café Caracas.
"Sono stati anni formativi in una Firenze che respirava un’aria di cambiamento, che offriva grandi opportunità ai giovani che suonavano rock. Noi eravamo il classico trio chitarra, basso e batteria. Il nostro batterista era Ghigo Renzulli, che portava nel nostro studio un suo amico appassionato di punk, Piero Pelù. Quando i Café Caracas si sono sciolti, hanno formato insieme i Litfiba".
Lei, con i Café Caracas, è stato protagonista di un concerto memorabile a Bologna.
"Era il 1° giugno 1980 e ci invitarono ad aprire il concerto dei Clash in piazza Maggiore, un avvenimento che è entrato nella storia del rock. Noi eravamo dei ragazzini, i Clash erano i nostri idoli, ci sembrava un sogno condividere con loro i camerini, sentire le loro storie sulla Londra ribelle di quelli anni. Mancavano pochi minuti all’inizio del concerto, la piazza era pienissima e il loro batterista si era perso. Bisognava salire sul palco, Joe Strummer, il leader del gruppo, venne da noi e chiese al nostro batterista il piacere di sostituire il loro. Furono momenti di tensione… per fortuna alla fine il loro arrivò. Io credevo che quella sera sarebbe stata l’apice della mia carriera. Non potevo prevedere che quattro anni dopo avrei pubblicato Self Control".