FRANCESCO MORONI
Cronaca

Il ricordo nelle lacrime di una vicina: "Volevo regalare le uova di Pasqua"

I residenti di via Bertocchi disperati: "Vedevamo sempre i piccoli giocare sotto il palazzo, erano dolcissimi". Mazzo di fiori davanti al portone: "La bimba più grande mi abbracciava e mi ha regalato una piantina". .

Il ricordo nelle lacrime di una vicina: "Volevo regalare le uova di Pasqua"

Il ritratto delle vittime riaffiora in maniera prepotente dagli occhi e dalle parole di chi conosceva Stefania e i suoi splendidi figli. "Era una donna buona, buona, buona... – racconta l’amica stretta Eleonora Lupica con il volto straziato –. Si dice di tutti quando non ci sono più, ma lei era l’esempio del rispetto e della bontà". Un dolore tremendo che trasale dal cuore e arriva nelle lacrime mentre sgorgano dagli occhi. Un dolore che è qualcosa in più di un ricordo emozionato o di circostanza, perché quella di via Bertocchi è qualcosa in più di una tragedia.

"Quei bambini erano un amore – ricorda Maria Bruno, una vicina, parlando dal suo balcone al primo piano del civico 55 –. In questi giorni mi ero preparata: ho detto ‘Compro ai bimbi le uova di Pasqua’, anche perché la grande era davvero dolce, educatissima. Ero affezionatissima. Appena mi vedeva mi abbracciava, e aveva voluto farmi un regalino: una piantina. E anche lei, Stefania, era una mamma perfetta: se li portava ovunque con sé. Era veramente una brava ragazza...". È la storia di una zona, quella intorno a via Battindarno, molto popolata, dove spesso chi abita a pochi passi si conosce e si frequenta. Dove i bambini giocano tra i portici dei palazzoni e dove gli adulti si fermano anche solo per due chiacchiere o per scambiarsi un sorriso. "Vedevo sempre i piccoli giocare qui sotto casa – fa eco un’altra vicina della famiglia morta nell’incendio –: erano stupendi".

La signora Maria Grazia Lodi abita al quarto piano, proprio a fianco dell’appartamento dove si è consumato il dramma: "Ho assistito praticamente a tutta la scena quando sono arrivati i vigili del fuoco e i soccorsi. Stanotte, ho sentito le urla dei famigliari... Lei era una bella ragazza, io le dicevo ‘Vai fuori! Divertiti’. Poverina, che tristezza...".

Per Mauro, altro residente di via Bertocchi, ma al nono piano, tutto è sembrato come "un terremoto": "Appena sono uscito ho sentito il fumo. Avevo le mani sulla ringhiera del mio balcone, tremava, e mi sono reso conto della gente che andava su e giù per il palazzo. I pompieri, soprattutto. Sentivo questo frastuono e ho pensato subito al terremoto. Sono rientrato, ho chiamato mia moglie e le ho detto ‘Preparati perché qui è successo qualcosa’. Invece, purtroppo, non era il terremoto...".

"Sono andato a letto tardi, addormentandomi davanti al televisore – spiega ancora un altro vicino –. Poi, intorno alle 2.30, mi sono svegliato per abbassare le tapparelle e ho visto tutti quei mezzi assistenziali".

In via Bertocchi ieri tutto sembrava come sospeso nel tempo, tra il silenzio di chi ha il cuore straziato e la realtà di un quartiere popolare rimasto sgomento, ma unito. Un altro ragazzo che conosceva le vittime, minorenne, rimane fermo a fissare il vuoto, riuscendo soltanto a piangere. Qualche altro residente arriva, parcheggia la macchina, ma preferisce non parlare.

Poi, intorno all’ora di pranzo, un’ultima, straziante scena, quando una donna arriva da sola, a passo spedito. In mano tiene ben saldo un mazzo di fiori bianchi, prima di depositarlo proprio sotto i campanelli del civico 55, davanti al portone. Nessuna dichiarazione, soltanto qualche parola: "Sono solo una parrucchiera di tanti anni fa...", spiega lei, probabilmente ancora molto legata – se non altro emotivamente – a Stefania e alla sua famiglia. Il biglietto parla da solo: "Nessuna parola può dare sollievo e conforto per una perdita così profonda... Condoglianze alla famiglia". E una firma.