In 25 anni ha girato quattro film, ognuno con uno stile differente dal precedente. E dopo la commedia fantastica Abracadabra del 2017 e ancor prima l’horror fantastico in bianco e nero e muto Blancanieves del 2012, Pablo Berger ha voluto fare un film d’animazione, Robot Dreams- Il mio amico Robot – con protagonista Dog, un cane solitario che vive nella New York degli anni Ottanta – che l’ha portato fino alla cinquina degli Oscar dei film d’animazione e, naturalmente, a quella serata sull’Hollywood Boulevard, accanto ai grandi del cinema. Ma ieri era a Bologna per promuovere il film distribuito da IWonder ed è stato a completa disposizione del suo pubblico prima della proiezione al Popup Cinema Jolly.
Pablo Berger, come le è venuto in mente di fare un film d’animazione?
"Innanzitutto voglio dire che per me Bologna è una città speciale, ama i miei film ed eccomi qui anche per quest’ultimo che nasce grazie alla graphic novel Robot Dreams di Sara Varon. L’avevo letta nel 2010 ma solo nel 2018 ho deciso di farne un film: rileggendolo in un periodo in cui avevo perso il mio migliore amico e mia madre, il finale mi ha colpito davvero tanto e ho potuto riflettere sulla fragilità delle relazioni e sull’elaborazione del lutto, temi che mi interessavano".
Cosa le è piaciuto di questa graphic novel?
"Il libro è senza parole e io ho una grande collezione di fumetti e graphic novel senza parole, con solo disegni, che ho potuto condividere con mia figlia quando era piccola. Mi è anche piaciuto il fatto che i protagonisti fossero antropomorfi".
Un film d’animazione che parla a tutti, piccoli, giovani, adulti?
"È sicuramente il più aperto tra i miei lavori: è per cinefili, abbiamo aperto Cannes, per amanti dell’animazione, siamo stati ad Annecy, per chi ama la fantasia e siamo stati a Sitges. Se penso cosa guardavo da bambino, i film di John Ford, John Huston, Alfred Hitchcock, anche quelli erano per tutti. Ai bambini è molto piaciuto".
Ed è arrivato agli Oscar, insieme a Miyazaki che poi ha vinto. Come si è sentito?
"Può vedere come ho reagito alla notizia su Youtube, c’è un video dove grido e secondo me quel grido l’avete sentito anche a Bologna. Che onore, avrei voluto vincere, ma già la nomination ha dato grande visibilità al film e aver perso col Maestro mi ha fatto accettare col sorriso. L’animazione giapponese è stata una grande ispirazione per me perché tratta le emozioni e la complessità meglio di altri film. Nel mio cuore ci sono ancora Heidi e Marco-Dagli Appennini alle Ande. L’esperienza degli Oscar è arrivata nel momento giusto della mia vita e ho avuto l’occasione di conoscere Martin Scorsese, Steven Spielberg, Matteo Garrone e Ryan Gosling sempre vestito da Ken!".
Benedetta Cucci