PIERFRANCESCO PACODA
Cronaca

"Il rap insegna a non avere paura"

In concerto stasera all’Ex Centrale gli Assalti Frontali con il nuovo lavoro ’Notte immensa’, nato per Gaza

La band Assalti Frontali è una parte centrale del rap italiano

La band Assalti Frontali è una parte centrale del rap italiano

La Notte immensa è quel luogo dove coltivare non la paura del buio (quello della ragione, innanzitutto), ma la speranza, dove saranno le stelle a confortare chi la attraversa. Una visione poetica, ma decisamente calzante ai tempi di oggi, che ha ispirato il nuovo disco, ’Notte immensa’, appunto, di Assalti Frontali, il gruppo guidato da Militant A, nome d’arte di Luca Mascini, parte centrale della storia del rap in Italia, che lo presenta dal vivo questa sera alla Ex Centrale di via Corticella 129 alle 23.

Mascini, cosa può fare la musica per affrontare con coraggio le nostre notti contemporanee?

"Può fare molto il rap, in particolare, che è il linguaggio che meglio di tutti connette la musica alla vita di ogni giorno. Il linguaggio della strada, che ci permette di comunicare al di là della nostra provenienza e, con la sua capacità sia sociale, sia divulgativa, ci aiuta a smettere di avere paura, ci chiede di fare la nostra parte, ognuno con la propria responsabilità".

Un messaggio che riguarda tutti.

"Sì oggi tutti noi siamo spinti a lasciar perdere, ad aspettare che le cose facciano il loro corso, abbiamo perso la volontà di reagire, e la grande politica ha gioco facile nel sopraffarci. Io mi auguro che queste canzoni spingano le persone a impegnarsi, che non vuol dire militare in un partito, ma essere consapevoli di poter diventare parte di un cambiamento".

Iniziando dal basso.

"La cosa più bella che mi è capitata in questi decenni trascorsi a salire sui palchi in ogni parte del mondo, quella che davvero mi spinge ad andare avanti, a fare musica, sono i laboratori sul rap che da qualche anno conduco nella scuola che frequenta mia figlia, su richiesta della dirigente scolastica. Creare musica insieme ai giovanissimi significa dimostrare loro che fare hip hop non è solo una questione artistica, ma una maniera per crescere come persone, per superare le insicurezze, per stare bene con gli altri, uscendo dall’isolamento al quale l’esasperazione dei social condanna tutti, specie i ragazzi".

Lei, questi laboratori, che ha fatto ovunque, avrebbe dovuto portarli anche a Gaza.

"Proprio quel terribile 7 ottobre 2023 avevamo una riunione per pianificare il viaggio a Gaza, dove ero stato invitato da una organizzazione umanitaria italiana a tenere un laboratorio in un scuola della Striscia. Ovviamente è stato annullato tutto, ma quello che è successo dopo, i massacri, non poteva lasciarmi indifferente. Dovevo fare un nuovo disco. La nostra ’Notte immensa’ è quella attraversata dalla popolazione di Gaza, ma riguarda tutti noi. E la parola può davvero aiutarci a uscirne".

Quali, tra i tanti luoghi dove ha insegnato ai ragazzi a fare rap le è rimasto di più nel cuore?

"Le altre esperienze in Palestina, dove ero già stato, sicuramente, ma soprattutto i giorni trascorsi a Tripoli. Sono stato ospite di una scuola in un quartiere attraversato dai conflitti religiosi che hanno portato il Libano alla guerra civile. Con i ragazzi abbiamo scritto e poi eseguito delle rime che hanno dimostrato come il rap abbia, sin dai suoi esordi nei ghetti americani a metà degli Anni ’70, un potere salvifico. Cantare, ballare, per loro, ha significato coltivare la speranza in una via di uscita, in una vita che possa gravitare intorno alla bellezza e non all’orrore della guerra".