
Lo zio di Saman, Danish Hasnain, mentre viene accompagnato in aula dagli agenti penitenziari: ieri ha reso. dichiarazioni spontanee
"Più parole avrebbero dovuto essere scritte per restituire l’umanità, l’atrocità, il contesto e la modalità dell’uccisione di questa povera ragazza". Inizia così la requisitoria della Procura generale, ieri, durante la quinta udienza del processo d’appello a Bologna per l’omicidio di Saman Abbas, 18enne di origine pakistana uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 nelle campagne di Novellara (Reggio Emilia). La requisitoria è durata cinque ore e non è ancora terminata: se ne discuterà nella prossima udienza, lunedì. Ma intanto, la sostitura procuratrice generale Silvia Marzocchi, davanti alle Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Domenico Stigliano, mette alcuni punti fermi: è stato un errore assolvere in primo grado i cugini della ragazza (al momento a piede libero, imputati in questo secondo grado) e l’omicidio è stato premeditato, nessun dubbio. "Il litigio, l’esplosione d’ira di quella sera: tutta una messinscena – dice la pg –. La fossa è stata scavata prima e Saman è stata condannata a morte da tutta la famiglia". La Procura generale è un fiume in piena, in una requisitoria serrata, a tratti emozionante: "La critica che si muove alla sentenza attiene all’associazione di Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz (i cugini, appunto) e all’esclusione delle aggravanti – prosegue la Pg –, a cui la Corte di Reggio Emilia perviene eliminando prove assolutamente decisive, travisando le dichiarazioni di testimoni, discostandosi dagli accertamenti peritali, fino a costruire uno scenario che offusca la realtà, che è purtroppo più basilare, nella sua drammaticità".
La Pg insiste sul fatto che nel video del 29 aprile, mostrato in aula, c’è tutto ciò che serve per mostrare che l’omicidio fosse stato pianificato: quelle immagini sono la prova che c’è stata premeditazione. Ieri, la mamma di Saman, Nazia Shaheen, non era presente in aula. Lei e il marito Shabbar Abbas sono stati condannati all’ergastolo in primo grado per l’omicidio della figlia, mentre lo zio Danish Hasnain è stato condannato a 14 anni. Ieri, proprio lo zio ha reso dichiarazioni spontanee: "Quando (i cugini, ndr) scavavano ero presente, ma quando l’hanno sepolta non ero più lì". L’obiettivo delle dichiarazioni spontanee era di far valutare al perito la "compatibilità" del racconto di Hasnain con le analisi fatte. Il perito archeologo forense Dominic Salsarola ha detto che il racconto dello zio di Saman era "molto aderente" e, durante la sua audizione, ha sottolineato che dovevano essere stati almeno in due a deporre Saman nella fossa. Pier Matteo Barone, consulente di parte per i difensori dei cugini, ha detto che deve essere stata almeno una persona". Alla fine, in aula, risuona la voce dolce e triste di Saman, in un vocale, nella sua lingua, che aveva inviato al fidanzato.