Nessun trasferimento in comunità. Già, perché il baby killer di Chiara Gualzetti (lei 15 anni, lui un anno in più) resterà nel carcere del Pratello in attesa del processo, dove risponderà di omicidio volontario pluriaggravato. Nei giorni scorsi il tribunale per i minorenni ha rimandato al mittente la richiesta di revoca del carcere avanzata dal difensore dell’imputato che chiedeva in sostituzione il collocamento in una comunità protetta. Una volontà che aveva visto la famiglia Gualzetti opporsi duramente con l’avvocato Giovanni Annunziata.
"Mai una parola di scuse dall’imputato e dalla sua famiglia – disse alcuni giorni fa papà Vincenzo Gualzetti al Carlino –. Nemmeno un messaggio con scritto ’mi dispiace’. Nulla di nulla". E questo, "fa ancora più male". Anzi, "la madre ha annunciato querele per diffamazione e minacce sui social". Era il 27 giugno quando quel coetaneo che Chiara reputava più di un amico, la accoltellò a morte per poi lasciare il corpo ai piedi dell’Abbazia di Monteveglio. E per un giorno interno negare, nascondere la verità, fino al crollo: "E’ stato il demone dentro di me ad armare la mia mano". L’indagine della Procura minorile è stata chiusa mesi fa, con il pubblico ministero Simone Purgato che ha chiesto il giudizio immediato: udienza fissata il 15 giugno con la difesa però che, con ogni probabilità, opterà per il rito abbreviato. Sulla base delle carte della pubblica accusa e senza testimoni a discolpa ma potendo usufruire di uno sconto di un terzo della pena. E’ la legge che lo prevede. Stop. Qui però nascono le nuove paure della famiglia Gualzetti, ovvero che alla fine il giovane imputato possa cavarsela con una pena che Vincenzo definisce "non esemplare". Come successo in altri casi analoghi, altri ragazzi uccisi senza un perché da minorenni i quali alla fine se la sono cavata con 10-15 anni. Ed è proprio per questo che i Gualzetti non ci stanno. "Vogliamo un processo esemplare per nostra figlia, una sentenza esemplare, giudici in grado di condannare un gesto terribile. Un ragazzo che ha attirato la mia Chiara in trappola, l’ha accoltellata, l’ha picchiata, poi ha cercato di negare".
In maniera lucida, come confermato da Mario Vittorangeli, consulente della Procura, nel cui lavoro emerge la piena capacità di intendere e volere dell’imputato. Nessuna ‘voce’, quindi, lo aveva spinto ad uccidere Chiara, nessun ‘demone’ gli aveva fatto alzare la lama del coltello contro di lei, come confessato dall’allora sedicenne ai carabinieri poche ore dopo il delitto.
Ma proprio quella ’voce’, quel Samael (il nome ripreso dalla serie tv Lucifer), è onnipresente nelle lunghe chiacchierate in carcere con i periti. Una ’voce’ che secondo Vittorangeli, verrebbe "vissuta come una sorta di alter ego più che un’entità onnipotente, dilagante e che toglie ogni soggettività". Ma Samael, ha raccontato il ragazzo, "era dentro di me", lo spaventava, gli diceva di stare attento e che gli avrebbe rovinato la vita. Un fantasma comparso fin dall’età di 13 anni, ha spiegato restando sempre "lucido" e con una "capacità di discernere tra bene e male". "Ha usato il mio corpo per ucciderla", ha aggiunto davanti ai periti.
n. b.