CLAUDIO CUMANI
Cronaca

Il grande racconto dei classici: Piero Boitani esplora la cultura occidentale

Piero Boitani presenta il suo volume sui classici, un viaggio tra i pilastri della cultura occidentale da Omero a Boezio.

Piero Boitani presenta il suo volume sui classici, un viaggio tra i pilastri della cultura occidentale da Omero a Boezio.

Piero Boitani presenta il suo volume sui classici, un viaggio tra i pilastri della cultura occidentale da Omero a Boezio.

Non è un’enciclopedia e non è una storia della letteratura. Il grande racconto dei classici edito dal Mulino è piuttosto un prezioso volume in cui Piero Boitani sceglie fior da fiore per analizzare gli argomenti e i personaggi delle opere classiche che per millenni hanno plasmato (Calvino docet) il nostro immaginario. È dunque un viaggio fra i primi pilastri della cultura occidentale alla riscoperta del fascino intatto dei capolavori antichi.

"Sono 1500 anni di storia che vanno dal nono secolo a. C. al sesto dopo Cristo, in pratica da Omero a Severino Boezio", spiega il professore emerito della Sapienza, accademico dei Lincei. Lo studioso presenta il suo volume venerdì alle 18 in Salaborsa nell’ambito di La voce dei libri in dialogo con Emilia Di Rocco e Silvia Romani. Dunque, si parte dalla Grecia dell’epica, della tragedia e della storiografia e si arriva a Roma e al suo prezioso lascito letterario.

"Nel quinto secolo – spiega – l’impero occidentale crolla di getto e quella civiltà finisce. Il professor Canfora dice che è rimasto solo solo il 7% dei documenti antichi. Lo stesso non è successo però in Oriente".

Professore, si parla spesso della contemporaneità dei classici. Ma in che misura questa modernità si manifesta?

"I classici non sono mai passati di moda e dicono qualcosa di nuovo a ogni generazione, visto che i problemi dell’umanità sono sempre gli stessi. Il lettore moderno si appassiona perché quel mondo sa affrontare le questioni in maniera mitica e affascinante. La nozione di classico, del resto, si è andata via via ampliando, passando dai greci e dai latini all’universo biblico, cristiano, medievale e financo moderno. Insomma, si va verso un’universalità. Non a caso in Cina si leggono Dante e Omero".

Questo suo grande racconto è modulato sul suo gusto?

"Sì, affronto le questioni che più mi interessano e mi muovo secondo alcune linee logiche e tematiche, a partire dall’epica. Parlo quindi dell’Omero dell’Iliade e di quello dell’Odissea, analizzo come Virgilio nell’Eneide lo abbia riscritto e dico del rilancio di questo genere con Stazio e Lucano. Un altro tema riguarda la tragedia fiorita nel quinto secolo avanti Cristo e tornata in forma diversa con Seneca. E infine analizzo la fortuna di Roma".

È per questo che l’ultima illustrazione del libro raffigura la porta di San Giovanni in Laterano, ovvero la porta dell’antico Senato?

"La parabola della città, come rileva Polibio, è eccezionale: Roma, ai tempi delle guerre puniche, riesce in 63 anni a conquistare il mondo conosciuto, mantenendo per secoli il predominio militare. La sua idea vincente è stata quella di assorbire le popolazioni via via conquistate e di concedere l’ambita cittadinanza. Per quanto riguarda le immagini, ammetto di averne volute inserire molte perché il mondo classico ha condizionato il nostro immaginario".

Socrate e Ulisse restano figure centrali?

"È significativo che Socrate, condannato a morte, non fugga e, morendo, parli ai suoi discepoli dell’immortalità dell’anima. Il suo processo ricorda quello di Gesù. La storia di Ulisse, migrante e scopritore, non ha perso allure nei secoli: in un vaso del settimo secolo a.C. è rappresentato l’accecamento di Polifemo".

È vero che la parola ‘classico’ in origine indicava una categoria superiore, di classe appunto?

"È così. Aulo Gellio ha inventato per la prima volta il termine per indicare un autore eccellente appartenente alla categoria dei cittadini più ricca, con un censo di almeno centomila sesterzi. È curioso invece che non esista nell’antichità il termine moderno, per leggerlo bisogna aspettare almeno il Medioevo".