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Il futuro della cooperazione : "Contrattazione da rifondare"

Francesco Milza, presidente regionale di Confcooperative: "Solo così aumentano i salari"

Il futuro della cooperazione : "Contrattazione da rifondare"

BOLOGNA

"Dobbiamo elevare il reddito dei lavoratori". Non ha dubbi Francesco Milza, presidente di Confcooperative Emilia Romagna, sul fatto che serva una stretta sul cuneo fiscale e un intervento sugli accordi di secondo livello.

Presidente Milza, il salario minimo potrebbe essere una soluzione?

"Abbiamo alla base un problema di fondo, cioè il riconoscimento dei soggetti che possono rappresentare sia la parte datoriale sia quella sindacale nelle contrattazioni. La prima cosa da fare, quindi, è una legge sulla rappresentanza che legittimi chi può sottoscrivere i contratti collettivi nazionali. Al momento in Italia sono depositati più di mille contratti Cnel che valgono per meno di mille lavoratori. Siamo al minimalismo della rappresentanza che crea delle distorsioni, compreso il tema della sottopaga. Ma fino a quando non si risolverà questa questione, il tema salariale sarà solo una conseguenza, non la soluzione del problema".

Che ruolo ha avuto l’inflazione?

"Il reddito va di pari passo con la produttività, per cui chi è cresciuto di più tra i Paesi europei ha avuto la potenzialità per poter aumentare gli stipendi, grazie a una logica che è quella di creare accordi sulla produttività, che permettono ai lavoratori di aumentare il proprio reddito. Se non si ragiona in questo doppio binario, qualcuno rimarrà indietro. Serve una crescita da parte delle imprese e dei lavoratori, e questo in Italia si può fare solo con gli accordi di secondo livello, attraverso una totale defiscalizzazione dei contenuti migliorativi rispetto ai contratti collettivi".

Qual è la situazione delle imprese?

"Estremamente difficile. Registriamo una diminuzione drastica degli investimenti, e se le imprese non investono, non crescono. Con i tassi attuali, attorno al 6%, è chiaro che tutti attendano il calo dell’inflazione per poter investire di nuovo a costi finanziari accettabili. Si dovrebbe favorire un accesso al credito calmierato in funzione di investimenti per le imprese".

A che punto è la transizione ecologica?

"C’è ancora tanta strada da fare, soprattutto nel comparto agricolo, dove bisogna affrontare la transizione ambientale, ma va accompagnata con strumenti e tempi adeguati, altrimenti rischiamo di perdere pezzi produttivi importanti del Paese. In regione, la filiera agricola e agroindustriale è importante e sostiene l’economia territoriale. Dobbiamo andare avanti, ma con un criterio che accompagni le imprese, senza metterle in difficoltà. In altri comparti, come nel caso della Magneti Marelli, c’è un tema generale di riposizionamento, che necessita dei ripensamenti degli indirizzi di natura industriale, che impattano sulla regione. Costruire una visione significa prevenire i problemi, e su questo necessitiamo di un lavoro più pressante".

Altro su cui lavorare?

"Serve un nuovo patto tra il pubblico e no-profit nella regione, senza dimenticare associazioni e cooperative sociali: bisogna ripensarsi in base a cos’è reale. Si fa fatica a sostenere il welfare così come lo abbiamo pensato, ridefinendo ruoli e strumenti. Credo nella sussidarietà, in cui il pubblico ha ruolo di regia, ma se c’è qualche soggetto che ha più facilità nello svolgere un determinato compito, non ho nulla in contrario. Per l’immigrazione, poi, dobbiamo passare a una visione più strutturata del problema, così come sulle emergenze abitative, in cui serve un’iniziativa pubblica".

Mariateresa Mastromarino