BENEDETTA CUCCI
Cronaca

Il doc ’Cinni di guerra’: le voci raccontano ancora

Sarà proiettato il 25 aprile all’Istituto Parri, firmato e realizzato da quattro autori. Camana: "Siamo partiti dal libro dei Savini, con ore di registrazioni e interviste". .

Sarà proiettato il 25 aprile all’Istituto Parri, firmato e realizzato da quattro autori. Camana: "Siamo partiti dal libro dei Savini, con ore di registrazioni e interviste". .

Sarà proiettato il 25 aprile all’Istituto Parri, firmato e realizzato da quattro autori. Camana: "Siamo partiti dal libro dei Savini, con ore di registrazioni e interviste". .

La Seconda Guerra Mondiale dall’inizio alla fine, con la Liberazione il 21 aprile 1945, raccontata in un film di 15 minuti dai bambini bolognesi che la vissero. Per molti di loro i bombardamenti apparivano come un "cielo tutto illuminato" da far battere le mani. Questo è ’Cinni di guerra’, documentario con una bella sperimentazione narrativa, che sarà presentato venerdì 25 aprile alle 16.30 nella Sala Berti dell’Istituto Parri. L’hanno scritto, diretto e girato Enrico Camana, giornalista, Rachele Filippin, antropologa, Alfonso Maria Guida, geografo e Jessica Mariani che si è formata tra studi d’arte e cinema: si sono incontrati al corso gratuito ’Il prodotto audiovisivo per il racconto del territorio’, promosso da Demetra Formazione e Associazione Carta Bianca, e sono partiti dal libro ’Cinni di guerra’ di Giacomo e Giuseppe Savini, pubblicato da Minerva nel 2020 e appena ridato alle stampe in una nuova edizione.

Enrico Camana, il film è breve ma ricco di materiali, soprattutto audio, con le voci dei protagonisti, allora bambini. Quanto lavoro c’è stato sulle registrazioni?"Giuseppe Savini ci ha fornito decine di ore di registrazione fatte tra il 2017 e 2019, intervistando tutte queste persone anziane, nate tra il 1926 e il 1939,in case di riposo, Rsa, ma anche amici di famiglia, appunti sonori poi messi insieme dai Savini per scrivere il libro a episodi. Il materiale ci è arrivato grezzo e noi abbiamo ascoltato tutto e deciso cosa mettere, come metterlo, come montarlo. Un lavoro estenuante per distillare 15 minuti".

Come nasce l’idea registica? "Avevamo fatto una linea temporale nella quale si andava dal prima al dopo, con una storia ideale ricca di tante voci che non sapevamo ancora come inserire. Poi Alfonso ha avuto l’idea di fare una storia per tappe, con i punti salienti quali i rifugi, i bombardamenti sulla città, la vita di guerra fuori dalla città sui colli e in campagna: non a caso lui è un geografo. Doveva essere la vita di una famiglia che parte dal centro della città e dalla vita nascosta nei rifugi tra topi e morti, le cantine dei palazzi e si sposta verso fuori. Progressivamente appaiono colline, cieli, luce. Nella prima parte abbiamo lavorato con immagini di archivio, nella seconda parte poi si torna in città con la grande festa della Liberazione, percepita in modo ancor più profondo dai bambini. Dalla paura alla gioia".

Che immagini avete utilizzato?"Immagini degli archivi del Parri, della Cineteca di Bologna e del Museo Memoriale della Libertà, di Edo Ansaloni che ha realizzato foto e filmati durante i bombardamenti in città e la mattina del 21 aprile 1945. Poi abbiamo fatto le nostre riprese in una sola uscita".

Dove?"A Loiano ad esempio, dove abbiamo scoperto una storia mai raccontata come quella di una galleria-rifugio, costruita nel 1939 dal nonno di Maddalena, una signora ultra ottantenne che ci ha ospitati, accanto alla casa, scavata nell’arenaria. La grotta è ancora lì e nelle riprese si vedono le picconate con cui è stata scavata. Abbiamo fatto riprese anche al rifugio antiaereo Vittorio Putti, all’interno del parco di Villa Revedin, sede del seminario arcivescovile, che nel 1941 divenne un ospedale militare dedicato alla riabilitazione dei mutilati di guerra. Il suono della sirena antiaerea del documentario viene da qui".