Il Consorzio dei Colli Bolognesi si scioglie dopo mezzo secolo

Il presidente Antonio Capelli: "Costi alti e produzione. Doc in calo ci hanno indotto. a questa scelta dolorosa".

Il Consorzio dei Colli Bolognesi si scioglie dopo mezzo secolo

Il presidente Antonio Capelli: "Costi alti e produzione. Doc in calo ci hanno indotto. a questa scelta dolorosa".

Fusione dolorosa ma ‘necessaria’ quella deliberata ad ampia maggioranza venerdì sera dall’assemblea dei settanta soci del Consorzio vini Colli Bolognesi che ha dato il via libera allo scioglimento dell’organismo di tutela e valorizzazione delle uve e dei vini nella zona di produzione dei vini della Docg Colli Bolognesi Pignoletto e Doc Colli Bolognesi, le denominazioni che garantiscono l’eccellenza enologica ‘made in Bologna’. Tecnicamente una ‘fusione per incorporazione’ dal momento che da ora cantine e denominazioni confluiscono nel Consorzio Emilia Romagna. "Costi troppo alti e produzione Doc e Docg in calo ci hanno indotto a questa scelta dolorosa ma inevitabile – spiega il presidente Antonio Capelli (nella foto), che resterà in carica fino al 31 dicembre –. I produttori dei Colli bolognesi continueranno a fruire dei servizi consorziali e pagheranno quote inferiori. Abbiamo fatto un lungo percorso condiviso e democratico e va chiarito che ogni decisione che riguardi Doc e Docg Colli Bolognesi sarà presa dai soli soci della sezione Colli Bolognesi". Non sono mancati i mal di pancia di alcune cantine che hanno votato contro una decisione che in qualche modo interrompe una esperienza nata nel 1971, quando nacque l’attuale consorzio come risultato di un’altra fusione: quella dei due storici consorzi di tutela Monte San Pietro e Vini Castelli Medioevali. "La conservazione della nostra identità in questo nuovo contesto sarà un impegno da portare avanti anche perché va notato che in questa situazione difficile non a caso ci sono tutti i territori collinari, da Piacenza a Rimini, dove la crisi della viticoltura e in generale dell’agricoltura ha fatto tabula rasa dei rispettivi organi di tutela e promozione", aggiunge Capelli, che solo tre mesi fa, inascoltato, aveva lanciato un grido di allarme sul futuro dei territori che comunque continuano ad attrarre giovani agricoltori nonostante un calo produttivo e quindi della redditività delle cantine. Uno scenario che preoccupa non solo le singole aziende del comparto per le possibili conseguenze economiche, ma che interessa il tessuto socio-economico dell’area collinare.

g. m.