Cinque anni fa, proprio in questi giorni, Joey Saputo era un proprietario così deluso e frustrato per i risultati disastrosi del suo Bologna che all’ultimo decise di rinunciare al viaggio sotto le Due Torri disertando la cena di Natale. Ieri all’apericena degli auguri nella Terrazza Bernardini del Dall’Ara il numero uno rossoblù, pur non derogando dalla cifra stilistica del basso profilo, dispensava sorrisi a destra e a manca, forse toccando per la prima volta con mano che fare calcio, quando si scelgono allenatore e dirigenti giusti, non vuol dire solo attingere a piene mani al portafoglio di famiglia per inanellare stagioni anonime: può anche essere fonte di autentiche soddisfazioni sportive, perfino impensabili come quelle che sta vivendo oggi il suo Bologna.
Dal grande gelo del Natale 2018 al grande sogno di un posto al sole in Europa, Champions o Europa League che sia, a Casteldebole si sono avvicendati tre allenatori - Inzaghi, Mihajlovic e Motta – e altrettanti uomini mercato – Bigon, Sabatini e Sartori – ma alla fine Saputo ha trovato l’alchimia giusta. Questo Bologna ruba gli occhi, nonché i titoli delle pagine sportive dei quotidiani e dei tg nazionali. La vittoria con la Roma, che un anno fa sarebbe stata etichettata come impresa, oggi ha quasi il timbro della normalità. Basta un dato: in questo 2023 che sta volgendo al termine solo in tre circostanze i rossoblù si sono inchinati a una delle cosiddette ‘sette sorelle’ del campionato. E’ successo la scorsa stagione con Roma e Atalanta, a gennaio, e si è ripetuto all’inizio della stagione in corso, col Milan, alla prima del campionato. Il messaggio è di facile lettura: se contro le grandi sai quasi solo vincere o pareggiare è perché grande lo sei diventato anche tu.
Un bel viatico per il viaggio al Meazza di domani notte nell’ottavo di Coppa Italia con l’Inter e per la sfida di campionato con l’Atalanta di sabato al Dall’Ara. Bologna ‘no limits’: quello che da anni sognava la piazza. Chissà se fino a un anno fa lo sognasse anche Saputo, un proprietario che in nove anni ha investito 270 milioni e che oggi finalmente vede la luce in fondo al tunnel all’annosa questione del restyling del Dall’Ara. Certo aver ingaggiato due vincenti come Motta e Sartori aiuta. Ieri, parlando a Radio Lega Serie A il diesse Marco Di Vaio ha addirittura anteposto i segnali della svolta: "Motta nell’ultimo anno è cresciuto tantissimo e fa giocare la squadra ad altissimi livelli di intensità coinvolgendo tutti, ma il momento che stiamo vivendo è stato costruito con l’arrivo di Mihajlovic, quando insieme al cambio di panchina ci fu un cambio di strategia da parte del club". Di nuovo il riferimento è a cinque anni fa, quando Pippo Inzaghi passò il testimone a Sinisa qualche mese prima che la leucemia purtroppo facesse il suo corso.
Oggi c’è Motta, allenatore così avveniristico e capace di dare un gioco sfavillante alla squadra che ogni volta che il suo Bologna stende una grande all’ad Fenucci viene il sospetto che non sarà scontato, un domani assai vicino, sottrarlo alle brame di mezza Europa. Nell’attesa sarebbe un eccellente visto per l’Europa rinnovargli il contratto, partita questa ancora tutta da giocare. Per fortuna il contratto di Sartori scade invece nel 2024 e pensieri su un suo futuro che non sia rossoblù non ce ne sono.
Del resto uno che ha portato in Europa un quartiere di Verona (il Chievo) e una piazza che non aveva un passato di gloria (l’Atalanta) non si vede perché non possa ridare il paradiso perduto a chi, quasi sessant’anni fa, metteva in bacheca il suo settimo scudetto.