di Massimo Selleri
Pensieri sparsi da parte dei volontari che dedicano parte del loro tempo libero all’Opera Padre Marella. "Una volta, non ricordo neanche più il motivo – racconta Raffaella Cicala – mi sono recata alla chiesa dell’Opera Marella a San Lazzaro. Ho capito che le chiese e i preti non sono tutti uguali. Ho sentito come un richiamo ad ascoltare la messa di Padre Gabriele, la sua funzione mi ha aperto il cuore. Dopo la messa gli ho parlato e lui ha raccolto la mia storia. Così mi ha agganciata e mi ha chiesto di venire a pranzo in comunità, qui a San Lazzaro. Ormai sono sei o sette anni che ogni domenica, quando non sono dalle mie sorelle, vengo a mangiare qui. Sono dei bei momenti, mi rende felice. Ci sono tanti ragazzi stranieri, persone in difficoltà e lavoratori precari. Non li conosco tutti per nome, ma mi sento parte di loro, di una stessa famiglia… a volte basta anche solo comunicare con gli sguardi e con un sorriso".
Anche Ada Respignoli evidenzia come l’atmosfera all’interno delle strutture sia molto famigliare. "Un’amica scout di Bologna mi ha suggerito l’Opera di Padre Marella per fare del volontariato e ormai da un anno e mezzo vado un pomeriggio alla settimana per aiutare la comunità per mamme e bimbi. Di solito vado al mercoledì, sto con i bambini e facciamo tante attività diverse, i lavoretti di bricolage... soprattutto gioco con una bambina che un po’ più grande degli altri. C’è un bel clima di famiglia e collaborazione tra gli operatori, che sanno tutto della vita degli ospiti. Ero molto timorosa quando sono arrivata ma mi ha colpito come mi hanno accolta, mi sono sentita subito a casa. Ogni settimana ho proprio voglia di andare a fare volontariato perché trovo questo bel clima".
Quando si è in tanti esiste anche la difficoltà del convivere, problemi che si superano grazie alla voglia di stare insieme. "La comunità di Badolo accoglie tossicodipendenti – a parlare è Gianni Cosentino – è un grande casolare isolato in collina. Com’è la vita in comunità? Eh, ne ho viste di tutti i colori. Non è gente facile. Gli ospiti, beh bisogna passare sopra a molte cose per aiutarli. Sono dei poveri diavoli, la maggior parte è stata in carcere, ci sono molti bisticci. Le loro storie sono tutte diverse, però certi hanno la famiglia, a certi la famiglia non li vuole vedere. Alla fine la comunità è diventata la mia famiglia, più che del semplice volontariato. Ti affezioni, ai poveri diavoli e anche a tutta la brava gente che si dedica a loro".
L’altra qualità da avere, tipica degli ambienti familiari, è quella di adattarsi alle esigenze quotidiane. "Ho sempre fatto ciò di cui c’era bisogno – spiega Ketty Faedda –. Spesso qualcuno viene a chiedermi aiuto se c’è bisogno di me Di solito è Padre Gabriele o Massimo, il responsabile della comunità di San Lazzaro che conosco da quando era un ragazzino. Per anni mi sono occupata della pulizia dei vestiti di Padre Gabriele, ma la mia attività principale è stata la cura della nostra chiesa di via dei Ciliegi, dove riposa Padre Marella. Ho anche fatto un corso da fiorista per fare un buon servizio nel curare le piante del Padre. Per fare una cosa la devi fare con passione, la devi sentire. Ricorderò sempre che Padre Gabriele mi ha aiutata in un momento difficilissimo della mia vita, mi è stato subito vicino, non ero sicura di farcela. Ringrazio lui e l’Opera, dove vedo finalmente alcune persone giovani, veramente valide. Sto bene con questa nuova generazione che mi fa ben sperare".
Una speranza nel futuro che non guarda alla religione, come sottolinea Rocco Cosentino. "All’Opera Marella c’è la disponibilità ad accogliere tutti senza distinzione di religione, non si aiutano solo i cristiani. È una delle prime cose che ho notato, è un bel segno di apertura. Anche se Padre Gabriele è un frate ed è l’asse portante dell’Opera. Quando posso vengo ad aiutare. L’estate scorsa ho fatto il volontario a tempo pieno per una settimana. Ho preso una settimana di ferie e l’ho dedicata alla comunità di San Lazzaro. Qui c’è sempre da fare. Con alcuni ospiti abbiamo fatto la manutenzione di tutti gli utensili e ogni giorno c’erano varie commissioni e attività. Dopo pranzo io e Massimo lavavamo insieme i piatti e tutto sommato la fatica non si sentiva più".
Con Nicoletta Romanelli si torna allo spirito di Padre Marella di partenza. "Gli ospiti dell’Opera non hanno bisogno solo di cose materiali ma anche di affetto. A volte vedo negli occhi dei ragazzi la tristezza e riconosco l’esperienza di quando mi sono trovata in difficoltà. A volte ho paura per loro, ho paura che non ce la facciano. Ma cerchiamo di farcela insieme. Quando c’è un compleanno o un evento speciale, faccio una torta. Una volta ho fatto sette chili di fusilli al ferretto, tutti a mano, ci ho messo un giorno intero. I ragazzi sono stati molto contenti, mi fanno sempre i complimenti. Mi dedico molto a loro quando ci sono le feste. Qui ho trovato la pace".