Bologna, 1 ottobre 2024 – Dei cinque sacerdoti uccisi durante l’eccidio di Monte Sole solo don Giovanni Fornasini è già stato dichiarato beato, mentre gli altri quattro sono ancora nello status di ‘servo di Dio’. È chiamato ’servo di Dio’ il fedele cattolico di cui è stata iniziata la causa di beatificazione. Questo lungo percorso inizia con un’inchiesta che ricostruisce la vita del candidato per verificarne ‘l’eroicità delle virtù’ e, letta tutta la documentazione, spetta poi al vescovo locale decidere se introdurre questo procedimento al dicastero delle cause dei santi che ha sede a Roma. Qui vi sono due possibilità: o viene riconosciuto il martirio oppure il percorso è quello di chi ha testimoniato la fede durante la sua esistenza.
Chi viene riconosciuto martire diventa automaticamente beato, gli altri invece devono ricevere l’attribuzione di un miracolo scientificamente inspiegabile. Tanto per rimanere nelle recenti questioni bolognesi, don Fornasini è beato perché martire, mentre padre Marella lo è per una guarigione che arrivò per sua intercessione dopo che i medici avevano gettato la spugna.
L’inchiesta diocesana su don Ubaldo Marchioni si è tenuta dal 18 ottobre 1998 al 20 novembre 2011 e gli atti sono stati validati il 13 dicembre 2013 e inviati a Roma. La mattina del 29 settembre 1944 decise di fermarsi a Casaglia per confortare le donne, gli anziani e i bambini che si erano rifugiati nella chiesa. Arrivati i soldati, il sacerdote tentò inutilmente di dialogare con loro e i civili vennero uccisi nel cimitero, mentre lui fu assassinato in chiesa. Il suo corpo venne sepolto in una fossa comune e rinvenuto, grazie al colletto bianco ancora stretto intorno al collo, nel 1961. Dopo quasi 40 anni, durante i lavori di rimozione della macerie, furono trovati nella chiesa di Casaglia la porta del tabernacolo e la pisside, con ancora i segni dei proiettili, muti testimoni del suo martirio.
Il 29enne don Ferdinando Casagrande era di tre anni più vecchio del suo amico don Ubaldo. Dal 29 settembre al 8 ottobre 1944, incurante del pericolo, si era mosso di notte per portare viveri ai superstiti e seppellire i cadaveri delle vittime del massacro, un atto vietato dai nazisti. Essendo rimasto senza alimenti e sperando che la follia tedesca si fosse placata, con la sorella Giulia si recò al comando nazista per chiedere il permesso di poter reperire nuovi beni di prima necessità. Venne freddato con un unico proiettile sparato a bruciapelo nella nuca. La sua causa sta seguendo le stesse tempistiche di quella di don Marchioni.
Il salesiano don Elia Comini e il dehoniano padre Martino Capelli furono uccisi a Pioppe di Salvaro il primo ottobre assieme ad altri 44 prigionieri e i loro corpi vennero dispersi nel fiume Reno. Dopo aver messo in salvo gli indifesi nella chiesa di Salvaro, si recarono a Creda per compiere la stessa azione, ma furono catturati dalle Ss e accusati di essere dei traditori. Dopo due giorni di lavori forzati arrivò dal commissario prefettizio fascista Emilio Veggetti, che già conosceva la generosità di don Comini, l’ordine di scarcerarli, ma il sacerdote rispose: o tutti o nessuno e i tedeschi scelsero nessuno. Dopo aver portato conforto agli altri prigionieri ed essersi confessati reciprocamente, vennero fucilati. Dal 2019 la causa di questi due religiosi è studiata in modo approfondito dal dicastero per le cause dei santi che ne sta valutando attentamente il martirio.