FEDERICA ORLANDI
Cronaca

I grossisti della cocaina. Il decalogo dei pusher: "Vestiti sobrio e guida piano"

Le intercettazioni dell’operazione antidroga che ha smantellato il sodalizio. Il pm: nei viali del Sant’Orsola l’ex medico cedeva 15 chili di sostanza in due zaini

Il tenente Guido Rosati guida il Nucleo operativo della compagnia Bologna Centro che ha fatto le indagini

Il tenente Guido Rosati guida il Nucleo operativo della compagnia Bologna Centro che ha fatto le indagini

Bologna, 14 luglio 2024 – "La macchina non si lascia mai vicino a casa, vai a piedi. Il primo giro lo devi fare lentamente e buttare un occhio alle macchine. Questi sono i riflessi da avere, sul lavoro! Vestiti sobrio, guida piano, non usare i social e appena incassi, manda alla vecchia (alla madre in Albania, ndr)". E se capita una "disgrazia, ci stanno 1-2-3 mesi di scuola (carcere, ndr)...". Era un vero ’tirocinio’ quello che i carabinieri hanno intercettato nel corso dell’operazione ’Vlore’ (da Valona, in Albania, dove venivano spediti su bus di linea gli incassi dell’attività di narcotraffico). La presunta associazione smantellata a inizio mese dal blitz coordinato dal pm Roberto Ceroni e culminato in 14 misure cautelari (nove in carcere) disposte dal gip Sandro Pecorella, secondo le ricostruzioni poteva muovere anche 15 chili di cocaina alla volta: due zaini in spalla, appuntamento con l’acquirente nel viale del Sant’Orsola affacciato su via Pizzardi e il gioco era fatto.

I compiti erano ben definiti. Ricostruisce la Procura: la cocaina arrivava ai fratelli Isaj, di cui uno, Elton (difeso dall’avvocato Ercole Cavarretta), era medico. I pacchi, anche di diversi chili, venivano poi dati a Tefik Cano – cugino di Marsel, ritenuto capo del sodalizio contestato (difeso dall’avvocato Roberto D’Errico) – che a sua volta li portava a una coppia di romeni. Questi li stoccavano e lavoravano a casa loro, in via Giusti. I panetti venivano poi ridati a Cano che li vendeva – anche a professionisti cittadini – o ancora agli Isaj, per partite più grosse. Con "introiti di circa 50-60.000 euro al mese pro capite", stando agli inquirenti; molti spediti in Albania e poi reinvestiti in immobili o locali in città.

Il pm, nel richiedere le misure cautelari, descrive un’"organizzazione silente, in grado di agire nell’ombra e attentissima a minimizzare l’esposizione personale". Per anni, forse 10 o più. E per entrarvi serviva il corso. "Sei fortunato ad avere un professore come me", dice a un giovane parente, fatto arrivare apposta dall’Albania, Henri Musaj, per l’accusa braccio destro del cugino Marsel nello spaccio e capo invece del giro di prostituzione contestato ad alcuni indagati. Ai nuovi arrivati veniva dato un kit: cellulare con codice di autodistruzione e messaggistica criptata, bilancino per la droga.

La prostituzione, infine, si sarebbe concentrata al confine con San Lazzaro. Gli ingenti profitti venivano reinvestiti nella droga e la ’piazza’ era consolidata da almeno 15 anni. "Quando sono arrivato qui ero piccolo, ci siam fatti posto litigando. Quella era vita", sospira intercettato Klaudjo, fratello di Marsel, difeso dall’avvocato Luigi De Fatico. Per questo reato è indagata anche la compagna di Musaj, difesa dall’avvocato Marco Sciascio.