NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

I grossisti della coca. L’indagine dell’Arma. Decapitata la banda che riforniva la città

Quattordici misure cautelari eseguite a carico del sodalizio attivo da 10 anni. Ai vertici un trentottenne albanese insospettabile e incensurato.

I grossisti della coca. L’indagine dell’Arma. Decapitata la banda che riforniva la città

I grossisti della coca. L’indagine dell’Arma. Decapitata la banda che riforniva la città

Strutturati come un’azienda. Con macchine e telefonini forniti dai capi, istruzioni stringenti su come trattare la sostanza, sulle precauzioni da adottare e pure su come tenere i rapporti tra i membri del sodalizio. Una macchina (quasi) perfetta quella messa su da un trentottenne albanese, capace di resistere nel tempo e crescere tanto, fino a diventare leader a Bologna nello spaccio all’ingrosso di cocaina.

Una macchina che ha funzionato per 10 anni, con la riservatezza e il basso profilo dei soci come valori fondamentali. Che non sono bastati, però, a fermare il meticoloso lavoro di indagine portati avanti, negli ultimi due anni, dai carabinieri del Nucleo operativo della compagnia Bologna Centro, guidato dal tenente Guido Rosati. Ieri, questo lavoro fatto di appostamenti, pedinamenti e intercettazioni, si è concretizzato nell’esecuzione di quattordici misure cautelari, disposte dal gip Sandro Pecorella: nove in carcere, a carico di soggetti - otto albanesi e un romeno - ritenuti ai vertici del sodalizio; una ai domiciliari e quattro obblighi di dimora. Ulteriori due misure sono pendenti, a carico di altrettanti indagati in questo momento all’estero.

Un’operazione complessa quella dei militari dell’Arma, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia della Procura, con il pm Roberto Ceroni, che ieri ha visto impegnati oltre cento carabinieri che nella notte di ieri hanno eseguito i provvedimenti tra Bologna, Milano, Cosenza, Lecce, Avellino e Firenze. Contestualmente alle misure cautelari personali, sono stati anche sottoposti a sequestro preventivo beni per 2 milioni di euro, ritenuti frutto dei guadagni illeciti della banda. Sono trentatre gli indagati totali, diciassette dei quali a piede libero. Sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, detenzione ai fini di spaccio e sfruttamento della prostituzione.

Perché proprio dalla ‘tratta delle bianche’ (in particolare ragazze romene), stando agli accertamenti, sarebbe partita la fortuna imprenditoriale del trentottenne, avviata in città quindici anni fa. Cinque anni dopo, l’indagato avrebbe deciso di estendere il business al mercato, decisamente più redditizio, della coca. E nella massima discrezione, guidando auto ‘anonime’, mantenendo anche il suo lavoro di facciata - operaio in una ditta di pulizie - il trentottenne sarebbe riuscito a crearsi una posizione nel settore. E poi un impero. Gestendo la droga senza mai toccarla. E fidandosi solo dei parenti, sistemati nei ruoli apicali della società. Come il fratello, il suo braccio destro, che istruiva i sottoposti su come tagliare la coca, che arrivava in città purissima. Trasportata in auto dal doppio fondo, stoccata in garage in zona Corticella e lavorata in un laboratorio di via Marziale. Chi la maneggiava, doveva indossare sempre guanti di lattice e calzini monouso, per non lasciare impronte compromettenti in caso di un eventuale sequestro. Le partite che rivendevano ai pesci più piccoli andavano da uno a quindici chili alla volta: in due anni, i carabinieri hanno visto movimentare dal sodalizio oltre settanta chili di cocaina, con guadagni quantificati nei 2 milioni di beni sottoposti a sequestro. Si tratta di quattro abitazioni (in zona Mazzini, Murri e Savena); sette auto e undici conti correnti. Ma il sospetto dei carabinieri, come spiega il generale Ettore Bramato, comandante provinciale, "è che muovessero quantità ben maggiori di droga. Questi numeri sono relativi alle partite da noi intercettate nel corso delle indagini, rese complesse dalla grande accortezza degli indagati". Tanto scrupolosi da triangolare le conversazioni, effettuate su telefoni appositi e utilizzando solo app non intercettabili come Signal. Un’accortezza che per 10 anni li ha tenuti lontani dal clamore e dalle patrie galere. Dove ieri sono entrati. Alcuni per la prima volta.