"Palestina libera". È questo il grido di protesta che ha accompagnato la manifestazione di ieri pomeriggio in Bolognina. Il corteo - diverse centinaia le persone presenti - si è dato appuntamento in piazza dell’Unità per poi sfilare tra le principali vie del quartiere. La manifestazione, organizzata dai Giovani palestinesi, ha attraversato le vie Franco Bolognese, Tiarini, Fioravanti e Matteotti per poi tornare, intorno alle 18, in piazza dell’Unità. "Siamo in piazza perché a Gaza continua ad andare avanti un genocidio i cui morti si sommano di giorno in giorno. Siamo al fianco della resistenza palestinese, non può e non deve esistere l’ambiguità, non si può scegliere da che parte stare, bisogna essere al fianco dei palestinesi che da più di 400 giorni stanno resistendo. Per questo motivo il 30 novembre saremo a Roma per la manifestazione nazionale", dicono i rappresentanti dei Giovani palestinesi. Tra i partecipanti alla manifestazione pro Palestina, come successo già in altre occasioni, anche il ricercatore e attivista egiziano Patrick Zaki. Alcune vie del quartiere sono state chiuse per permettere il passaggio del corteo, che è stato scortato da carabinieri e polizia in tenuta antisommossa, agenti della polizia locale e uomini della Digos.
"Sono 400 giorni – così uno dei manifestanti – dall’inizio del genocidio e la rabbia di noi palestinesi cresce di giorno in giorno. Io vi invito a fare della nostra rabbia e del nostro dolore, la vostra rabbia e la vostra determinazione. Prendiamo esempio dagli uomini, dalle donne e dai bambini che oggi lottano per sopravvivere a Gaza e in tutta la Palestina, in Libano, in Yemen, in Siria. Prendiamo esempio e prendiamo forza, ma soprattutto prendiamo i responsabili di ciò che sta succedendo in Medio Oriente". Durante la manifestazione non sono mancate le accuse nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ritenuto il principale responsabile del genocidio che dal 7 ottobre scorso a oggi ha causato più di 40mila morti tra uomini, donne e bambini. "La nostra lotta – continuano i Giovani palestinesi – per la liberazione della Palestina va oltre una semplice solidarietà di facciata: è una causa politica, una causa di giustizia, che supera l’assistenza umanitaria e si basa su un’opposizione attiva contro l’occupazione e il colonialismo. Le mobilitazioni non si fermeranno finché non cesserà il genocidio e il nostro popolo potrà tornare nelle proprie terre".
Chiara Caravelli