REDAZIONE BOLOGNA

I gemellini-prodigio virtuosi del dialetto

Giovanni e Giulia sono i figli di Roberto Serra, ’professore’ di bolognese: "Lo parliamo come l’italiano e il ceco, non deve scomparire"

Dialetto bolognese, pardon persicetano, mon amour. Giovanni e Giulia Serra - Zvanéin e la Giógglia ed Sèra -, sono due gemelli di 11 anni di San Giovanni in Persiceto. Sono i figli di Roberto Serra (nella foto con i bambini), avvocato e professore di bolognese - Profesåur ed Bulgnais - e di sua moglie Anna, boema di Pilsen. E da quando sono nati, il papà ha parlato loro prevalentemente in bolognese, oltre all’italiano, e la mamma in ceco, in modo tale che abbinassero ogni lingua a un genitore.

Così i gemelli sono cresciuti perfettamente trilingui, italiano, ceco e bulgnais, nella variante persicetana. I ragazzini sono in grado di conversare in bolognese senza errori e utilizzando le parole più autentiche; considerano il bolognese esattamente come l’italiano e il ceco, liberi da ogni pregiudizio. "Il bolognese – dicono Giovanni e Giulia – è una lingua come tutte le altre, come l’italiano e il ceco, e non ce ne vergogniamo affatto quando lo parliamo. Ne siamo fieri e vogliamo salvare questa lingua che sta scomparendo ed è la lingua di Persiceto, la città dove viviamo". Giovanni e Giulia utilizzano molto il bolognese anche nelle attività didattiche creative e con le nuove tecnologie: i messaggi scritti o vocali su Whatsapp al papà sono quasi sempre in perfetto bulgnais persicetano. Ed è una cosa normale per loro scrivere al papà, per sapere quando torna a casa dal lavoro, in questo modo: "Pupà, avèin vójja ed vàddret" oppure: "Quând vínnet a cà da lavurèr?". I gemelli sono diventati celebri tra gli utenti di Facebook per le canzoni in bolognese da loro composte, o per le favole raccontate in dialetto insieme al papà in diretta nelle sere del lockdown. E il popolo social è meravigliato ed entusiasta di sentire dei ragazzini parlare in bolognese con una naturalezza disarmante e con una estrema padronanza di linguaggio.

"Alla scuola primaria – continuano i gemelli – avevamo una bravissima maestra, che insegnava alla classe poesie e canzoni in bolognese. Ed è stato molto importante, perché diversi nostri amici il dialetto non l’avevano mai sentito in casa, né parlato. Adesso in classe abbiamo anche un amico che la pensa così e si sforza di parlare il dialetto insieme a noi". "Purtroppo da diversi decenni – afferma il papà Roberto Serra – i genitori e i nonni non parlano ai bambini in bolognese, anche se lo parlano tra di loro. Negli ultimi anni, tuttavia, i bolognesi avvertono l’importanza della nostra lingua locale e vorrebbero tramandarla ai più giovani. L’unico modo per far sopravvivere una lingua è proprio trasmetterla ai ragazzi e per far ciò il modo più semplice è parlarlo. Insegnare il bolognese ai bambini è anche un modo per mantenere forte il legame con la nostra terra e trasmettere l’amore per le tradizioni". E Serra aggiunge: "E’ inoltre dimostrato che il bilinguismo, anche tra italiano e lingue minori e dialetti, ha tanti effetti positivi per lo sviluppo intellettivo. In effetti, abbiamo notato una grande predisposizione alle lingue dei nostri ragazzi, che sono abituati a passare e a tradurre dall’una all’altra, cambiando oltre al lessico anche le strutture linguistiche e facendo confronti tra le diverse regole".

Pier Luigi Trombetta