Il Bologna non ha mai risposto al ricatto e anzi nelle ultime ore ha provveduto a sporgere denuncia presso le autorità preposte, dopo lunghi contatti con la polizia postale, che indaga sui pirati del web. L’attacco potrebbe essere arrivato da Russia o Bielorussia. Ovviamente, anche per motivi legislativi, non sarebbe stato neppure possibile pagare il riscatto. In tutti i casi il Bologna non ha mai preso in considerazione questa possibilità, non ha risposto alla minaccia e non è quindi mai arrivata la quantificazione economica da parte degli hackers, che hanno atteso una settimana per rendere pubblico l’accaduto: segno che speravano di poter risolvere la questione sottobanco e che hanno pubblicizzato la cosa una volta capito che il Bologna aveva invece agito attraverso i canali istituzionali preposti.
La parziale buona notizia è che l’operazione di hackeraggio che ha portato al furto dei 200 giga di dati è avvenuta su sistemi di cloud esterni, e che i pirati non sono riusciti a cifrare il sistema interno al club: morale, la quotidianità aziendale e finanziaria del Bologna non è stata intaccata e prosegue regolarmente. Il club ha comunque risposto con una nota pubblicata nella tarda mattinata di ieri, confermando l’attacco annunciato due giorni fa da ‘il Resto del Carlino’: “La società Bologna Football Club 1909 S.p.a. comunica che i propri sistemi di sicurezza sono stati recentemente oggetto di un attacco informatico di tipo ransomware, su un server in cloud e nel perimetro interno. Tale azione criminosa ha comportato il furto di dati aziendali che potrebbero essere oggetto di pubblicazione. Si diffida pertanto chiunque ne venisse in possesso dal diffondere ovvero condividere ovvero fare qualsiasi altro utilizzo di tali dati in quanto provenienti da reato”.