FEDERICA ORLANDI
Cronaca

Gualandi, via a nuove perizie. Il Riesame: "Non fu un incidente. Quell’arma non doveva essere lì"

Omicidio di Anzola: il vigile sparò alla collega Sofia Stefani con la sua pistola. I giudici: "Falso che dovesse pulirla". Presto l’esame antropometrico su gambe e braccia dell’indagato, per studiare la dinamica.

Giampiero Gualandi, 63, ha ucciso la collega ed ex amante Sofia Stefani, 33

Bologna, 18 luglio 2024 – Quella pistola non doveva essere lì. Ossia sulla scrivania dell’ufficio di Giampiero Gualandi, il vigile di 63 anni da due mesi in carcere per avere ucciso con l’arma d’ordinanza l’ex collega e amante Sofia Stefani, 33 anni, all’interno della sede della polizia locale di Anzola il 16 maggio scorso. I giudici del tribunale del Riesame motivano così il "no" alla scarcerazione del vigile, dopo l’istanza del suo avvocato Claudio Benenati: la difesa del vigile infatti sostiene che non si sia trattato di omicidio volontario, bensì di un tragico incidente, con un colpo accidentale era partito per errore al culmine di una colluttazione tra il 63enne e la giovane, che, raccontò lui anche all’udienza di convalida dell’arresto, aveva cercato di afferrare la pistola da lui lasciata sulla scrivania dopo averla pulita.

Ed è proprio quest’ultimo punto a non convincere i giudici, che hanno ritenuto "non credibile" questa versione: infatti, quell’arma non sarebbe dovuta essere in quell’ufficio, dato che non solo Gualandi aveva solo mansioni amministrative e perciò non doveva essere armato, ma anche perché la sua pistola era stata già pulita alcuni giorni prima. Facendo perdere vigore alla versione per cui lui l’avrebbe ritirata dall’armeria per sistemarla prima dell’esercitazione obbligatoria al poligono di tiro.

Non solo. La difesa ha posto l’accento anche su un taglio sulla mano di Sofia: sarebbe per loro la prova che la giovane si ferì col mirino sopra la canna della pistola proprio cercando di afferrarla. Ma i giudici non sono d’accordo: Sofia secondo loro si graffiò più probabilmente cercando di proteggersi dal colpo, sparatole al viso a bruciapelo.

Nel frattempo, sarà presto eseguita una perizia antropometrica sull’indagato, per verificare anche su questa base quale delle due dinamiche – omicidio volontario o incidente – possa essere più credibile, in base alla sua fisicità raffrontata con la traiettoria del proiettile individuata dai consulenti balistici.

La parola spetta dunque ai consulenti di Procura (pm Lucia Russo e Stefano Dambruoso) e parti (i familiari di Sofia sono assistiti dall’avvocato Andrea Speranzoni). Oltre ad autopsia e analisi sui sistemi informatici dei due, ancora in corso, ieri l’altro è stata effettuata una prova di sparo, nell’ambito della perizia balistica, per ricostruire con precisione come il proiettile possa avere percorso la traiettoria (dal basso verso l’alto, ma con inclinazione lievissima) individuata durante i test sul luogo del dramma.

Martedì toccherà poi appunto alla perizia antropometrica, che sarà effettuata direttamente alla Dozza: nell’esame, in soldoni, saranno misurati i suoi arti, sempre allo scopo di capire se la versione da lui resa della colluttazione con Sofia – di diversi centimetri più bassa di lui – sia credibile. Infine, il giovedì dopo toccherà all’analisi biomolecolare per rilevare eventuali tracce di Dna sull’arma e altri oggetti sequestrati dagli inquirenti.E gli esami istologici riveleranno se le tracce scure trovate su una mano di Sofia fossero macchie di fango – la ragazza arrivò al commissariato in motorino e aveva piovuto – o, come sostiene la difesa, di polvere da sparo.