FEDERICA ORLANDI
Cronaca

"Gualandi freddo, ideò la difesa". Uccise Sofia per liberarsi dallo stress

Omicidio di Anzola, il Riesame: "Lui simulò l’aggressione. In passato le disse: per difenderti, menti"

"Gualandi freddo, ideò la difesa". Uccise Sofia per liberarsi dallo stress

"Gualandi freddo, ideò la difesa". Uccise Sofia per liberarsi dallo stress

Bologna, 19 luglio 2024 – Una "personalità spregiudicata, calcolatrice, ma disequilibrata e instabile". Così, per i giudici del tribunale del Riesame (estensore Renato Poschi, presidente Gianluca Petragnani Gelosi), era Giampiero Gualandi, il vigile di 63 anni ora in carcere per l’omicidio della ex collega e amante Sofia Stefani, 33, uccisa con un colpo di pistola al viso nella sede della polizia locale di Anzola il 16 maggio scorso.

Un tragico incidente, dice il poliziotto; un omicidio predeterminato con lucidità e freddezza, dicono i giudici che ne hanno negato la scarcerazione. A non convincerli, "la presenza dell’arma nell’ufficio dell’indagato", che non ritengono "fortuita, bensì preordinata in vista del previsto (o prevedibile) incontro con Stefani". Poi, "la dedotta aggressione di Stefani all’indagato", che trovano "inverosimile e alquanto dubbia"; infine "la dinamica della colluttazione dalla quale sarebbe derivato lo sparo fortuito come descritta dall’indagato risulta irragionevole e scarsamente plausibile". Gualandi ha raccontato di come la trentatreenne, piombatagli in ufficio all’improvviso ("ma quella mattina lei lo chiamò stette volte – scrivono i giudici – e una volta stettero al telefono 8 minuti", questo proprio 10 minuti prima che lui fosse visto andare a ritirare la pistola in armeria), l’avesse attaccato a colpi d’ombrello e a calci, buttando a terra quello che le capitava a tiro, furiosa per la fine della loro relazione voluta da Gualandi (che è sposato). La donna avrebbe poi afferrato la pistola dalla parte della canna e lui, per impedirglielo, avrebbe per errore fatto partire il colpo.

Troppi dettagli però non tornano. Come l’elastico coi capelli di Sofia sulla scrivania: lei si sciolse la coda entrando nell’ufficio. "Un gesto che può essere inteso come un volersi mettere a proprio agio, poco conciliabile con un’aggressione" di 4 minuti, cioè il lasso tra l’ingresso di Stefani in commissariato e la chiamata di Gualandi al 118. E lo scompiglio nell’ufficio "appare quasi artefatto": per terra ci sono abiti presi da un armadio, mentre "la scenata sarebbe stata ben più teatrale (e rumorosa) se Sofia avesse ’spazzato’ la scrivania con le mani", scrivania da cui l’indagato, dice lui, non si sarebbe mai alzato. Del resto i colleghi di Gualandi non udirono alterchi. L’ogiva del proiettile letale, poi, è stata trovata sotto un sacchetto che la ragazza avrebbe tirato fuori dall’armadio. Sotto, come se qualcuno l’avesse poggiato lì qua quando l’ogiva vi era già. Inoltre, la ferita sulla mano della vittima per i giudici non nacque dal tira e molla con la pistola, ma "dal gesto istintivo di distogliere da sé l’arma, ottenendo però solo di essere attinta al viso quando invece poteva essere stata puntata più in basso, al petto". Perizie balistiche e antropometriche aiuteranno a fare luce su questa ipotesi.

Infine, l’arma da pulire. Per i colleghi, Gualandi sapeva che il kit di pulizia del commissariato era inutile, privo di lubrificanti e detergenti, e mai lui era stato visto pulirla prima. Anzi no: era stato visto farlo proprio tra l’"8-10 maggio": perché rifarlo una settimana dopo?

Una nota: in passato, consigliando Stefani su un provvedimento disciplinare, le disse: "In sede difensiva bisogna sempre sostenere il contrario rispetto al modo in cui sono andate le cose". Una freddezza che fa pensare ai giudici a "una rilevante pericolosità: l’indagato ha eliminato fisicamente la persona che gli causava problemi, può rifarlo in caso di forte stress, in famiglia o al lavoro". Perciò, per ora, resterà in carcere. Ma la difesa – avvocato Benenati – promette il ricorso per Cassazione.