
L’attore Gioele Dix, per due sere sul palco del Celebrazioni
"Ma per fortuna che c’è il Riccardo – cantava Giorgio Gaber –. Che da solo gioca al biliardo, Non è di grande compagnia. Ma è il più simpatico che ci sia".
’Ma per fortuna che c’era il Gaber, risponde Gioele Dix, con un Viaggio tra inediti e memorie del Signor G. Stasera e domani alle 21 l’attore e cantante rende omaggio al grande cantautore milanese al Celebrazioni.
Gioele Dix, si ricorda il primo incontro con Gaber da spettatore?
"Sono stato un fan sfegatato, di quelli che andavano a teatro a vedere tutti i suoi spettacoli dal ‘72-‘73. Da bambino lo guardavo alla tv, non faceva le canzoni di quegli anni – tutte cuore e amore – era già molto più strano, spiritoso, con uno sguardo più teatrale. E infatti negli anni Settanta diventa quasi più un pensatore che un cantante, pur usando la musica come tramite".
La sua grandezza?
"Aver scritto, assieme alla sua metà creativa Sandro Luporini, testi che hanno moltissima forza ancora oggi".
Cosa rende questo terzo omaggio diverso dai due precedenti che gli aveva dedicato?
"I primi due erano omaggi al Gaber che conoscevo e che tutti conoscono. Qui ci sono anche degli inediti che la Fondazione Gaber, nata dopo la sua morte (nel 2003), mi ha fornito. Mi hanno fatto curiosare nei suoi cassetti".
E cos’ha scoperto?
"Monologhi che non hanno trovato posto negli spettacoli, canzoni e testi che Gaber ha riscritto a distanza di anni dalla prima uscita".
Ricorda la prima volta che lo vide a teatro?
"Fu a Milano, avevo 15 anni e mi portò a teatro un mio compagno del liceo. I biglietti costavano tantissimo, eravamo andati in alto, in galleria, e lo vedevamo piccolo come un francobollo. Mi colpì la forza di quel ’francobollo’, la sua incredibile energia. Mi capitò soltanto un’altra volta con i Rolling Stones. Osservavo Mick Jagger sempre da quella posizione. Quando è entrato in scena ha sprigionato un’energia stratosferica".
È stato un maestro per lei?
"Indirettamente sì. Non mi ha fatto lezione ma i maestri bisogna un po’ sceglierseli. E io ho iniziato a mettere i soldi da parte per le poltrone più vicine al palcoscenico".
L’ha mai incontrato?
"L’incontro vero avvenne a Mestre in un hotel. Io ero già un attore, in tournée. Fu lui a riconoscermi e a presentarsi, parlammo per una buona mezz’ora ma non ricordo assolutamente nulla, ero in trance".
Cosa manca di più di Gaber?
"Mi sembra che ci sia un grandissimo appiattimento oggi. Lui ha rappresentato un certo modo di intendere la carriera di musicista e cantante, provando a dedicarsi e a ragionare sulle cose del mondo, a prendere posizione, anche posizioni scomode. Nell’epoca dei social si è risparmiato una sofferenza, oggi regna l’inflazione del niente, del vuoto. Lo diceva molto bene Umberto Eco".
Ci saranno anche ’Memorie del signor G’ nello spettacolo. Di cosa si tratta?
"E’ la parte più politica di Gaber. Negli anni Settanta è molto collocato a sinistra. Una sinistra critica e autocritica. La memoria riguarda il suo impegno politico e un certo modo che aveva di raccontare le relazioni umane, soprattutto fra uomo e donna. Pensiamo alla coppia che si apre, che scoppia o al personale politico".