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Gamberini e le fratture delle vita: "La poesia e l’amore curano"

Domani l’autore presenta l’ultima raccolta alla Zanichelli. Con lui Campagna (Rizzoli). e don Massimo Vacchetti.

Gamberini e le fratture delle vita: "La poesia e l’amore curano"

Il bolognese Luca Gamberini

Vita e morte. Amore e malattia. Luci e ombre della vita che la poesia cattura, scompone. E cura. Si intitola Non rime di frattura (edito da puntoacapo) l’ultima raccolta di Luca Gamberini. Da anni voce in versi della città– versi tra l’altro sdoganati anche sui social –, il bolognese classe 1986 presenterà il volume domani alla Coop Zanichelli (alle 18). Con lui ci saranno Anselmo Campagna, direttore dell’Irccs Istituto Ortopedico Rizzoli; don Massimo Vacchetti della Diocesi di Bologna e la poetessa Silvia Secco che firma la prefazione. E dunque fra anima e corpo si oscillerà, come al mondo medico rimanda il titolo: quelle "rime di frattura" riportate su un referto del Pronto Soccorso. "Sono un podista– ricorda Gamberini –. Era il febbraio 2023 e durante una corsa, al Ponte della Bionda, sono scivolato e alla fine sono andato al Rizzoli. Il referto era al dunque positivo, ma ho passato una settimana a casa, fermo, a scrivere. In famiglia, invece, stiamo attraversando problemi e quindi ho scoperto la malattia, la fragilità che ti tocca da vicinissimo: tutte cose che mi hanno segnato".

E che ha tradotto in versi.

"Ho colto la possibilità di raccontare la fragilità attraverso un infortunio che non ti fa più sentire onnipotente e suscita riflessioni. La fragilità che racconto non è solo fisica: penso, ad esempio, quando da ragazzino ero obeso e venivo bullizzato. Ci sono l’emarginazione, la fragilità anche economica".

Ad esempio?

"C’è una storia di cronaca cui sono molto legato: quella di Giuliano De Seta, il ragazzo veneto morto in azienda durante l’alternanza scuola-lavoro: ho promesso ai genitori di parlarne, voglio onorarne la memoria. Giuliano è stato ucciso da una lastra, ma quell’attività non era ’catalogata’ come lavoro dall’Inail per quanto riguarda i risarcimenti".

Nelle prime poesie ci sono riferimenti a visite e ospedali.

"Tutta la prima parte è dedicata al corpo e ci sono ricordi, per tutti, di ospedali visti. Per questo alla presentazione ci sono anche Campagna e don Massimo: mi piaceva che emergesse la duplicità della salute, non solo del corpo. Anche chi è credente come me si chiede perché arriva una malattia, c’è un dialogo con Dio. C’è una poesia che ho scritto a San Domenico, in piazza, con il cuore in gola".

Però la poesia è una cura?

"La poesia può curare, lenire, così come l’amore. Il libro ha una dedica a mia moglie: l’amore e la poesia vanno insieme e possono curare quando tutto va a rotoli. Ti ci aggrappi".

I versi parlano di tanti temi di oggi.

"Ad esempio ho pensato a un ragazzo morto alla stazione centrale di Milano, subito prima che arrivassi io in viaggio da Bologna. Nel libro racconto pure di questa ipocrisia: sul treno la mattina vedevo gente infighitettata e tutto intorno l’emarginazione, la povertà. Alcune poesie sono scritte proprio in treno".

C’è sempre la sua Bologna?

"Ci sono tre piccoli rimandi, non tantissimi però: stavolta volevo uscire un po’ dallo stereotipo, volevo parlare a tutti quanti".

La poesia può parlare davvero a tutti oggi o è un linguaggio a volte un po’ difficile, percepito come distante?

"Per molta gente le poesie sono una cosa un po’ demodé, per pochi. Io invece cerco di rendere la poesia fruibile, anche a un pubblico di non addetti ai lavori".

Letizia Gamberini