Francesco Pirini morto, addio al sopravvissuto che perdonò i nazisti di Marzabotto

Aveva 95 anni ed era uno degli ultimi superstiti dell'eccidio nazifascista di Marzabotto

Bologna, 1 dicembre 2022 - È morto la notte scorsa a 95 anni Francesco Pirini, uno degli ultimi superstiti dell'eccidio nazifascista di Marzabotto, nell'Appennino bolognese. E' la scomparsa di quello che è stato un testimone importante di quel tragico evento: per tanti anni ha incontrato i gruppi in visita ai luoghi della strage in cui perse 14 familiari, raccontando la storia della sua vita come testimonianza, con parole semplici, ma di grande profondità. E proprio accompagnando i ragazzi ha iniziato un lungo, complesso e personale percorso verso il perdono, che alla fine confermò per tutti i responsabili tedeschi dell'eccidio di Monte Sole nel 2006, quando fu chiamato a testimoniare, al Tribunale militare di La Spezia, al processo nei confronti di 17 ufficiali e sottufficiali delle SS appartenuti al 16esimo reparto esplorante della 16esima Panzergrenadierdivision Reichsfȕhrer.

Francesco Pirini
Francesco Pirini

Esprimendo "grande dolore per la scomparsa di Pirini", De Maria lo definisce "una persona speciale, di grandissimo coraggio morale, intelligenza e umanità, e un amico che mi era particolarmente caro". Per il deputato bolognese del Pd, Andrea De Maria, già sindaco di Marzabotto, Pirini era "un simbolo di come le comunità di Marzabotto, Monzuno e Grizzana hanno risposto alla barbarie nazifascista, divenendo testimoni di pace e di democrazia".

La Scuola di pace di Monte Sole, in un post sulla propria pagina Facebook, pone invece l'accento sull'opera di testimonianza portata avanti negli anni da Pirini, che "incrociavamo spesso lungo la strada che porta a Casaglia e al Poggiolo, e molto spesso lo vedevamo attorniato da scuole e gruppi".

Ciò che colpiva sempre, si legge nel post, "era il sorriso che accompagnava i racconti, anche nelle parti più drammatiche, e che diventava una risata quando raccontava di come una pattuglia di alleati lo costrinse a lavarsi".

Un sorriso che "era l'espressione della serenità di un uomo che era riuscito a fare pace con il trauma della violenza e che voleva condividere quella serenità con chi veniva a visitare Monte Sole". Cuppi, sindaca di Marzabotto e presidente dei dem, sottolinea infine che "Francesco ha perdonato e ha raccontato del suo perdono, con un atto di un'umanità tale da risultare sovrumano".

La storia di Francesco: dalle barbarie nazifasciste al perdono

Il 18 maggio del 1944 il padre di Francesco, all'epoca 17enne, restò ucciso a Vado in un bombardamento degli Alleati e in seguito la famiglia si rifugiò nel borgo di Cerpiano. Il 29 settembre 1944, di primo mattino, la madre lo mandò a raccogliere l'erba per i conigli, prima dell'arrivo della pioggia; al ritorno, vedendo case bruciare in fondo alla valle e temendo un rastrellamento tedesco, rimase nascosto nel bosco con alcuni partigiani. Restò però nelle vicinanze per poter vedere quello che succedeva all'arrivo dei nazifascisti e dovette assistere alla strage compiuta nell'oratorio.

Radunate dentro alla chiesetta tutte le persone, i soldati lanciarono bombe a mano all'interno e uccisero i sopravvissuti. Francesco capì che la madre e gli altri suoi parenti erano morti e nella notte, con lo zio Carlo, scappò nell'altro versante della valle del Setta. Dopo qualche giorno si imbatté in una pattuglia di militari statunitensi che dopo averlo interrogato e compreso che non aveva più familiari, lo affidarono a una famiglia di contadini. Per sette mesi restò ospite della famiglia, coltivando la speranza che qualcuno dei suoi fosse sopravvissuto. E dopo la liberazione della zona, avvenuta il 16 aprile 1945, Francesco tornò nella sua casa alle Murazze e lì venne avvertito da un conoscente, Guido Veggetti, che la sorella Lidia si era salvata.

Sceso con lui a Bologna incontrò la sorella e lo zio Filippo. Riparò la casa danneggiata dalla guerra, si sposò e venne assunto in Ferrovia e assegnato alla stazione di Vado. Attraverso il Parco storico di Monte Sole Francesco scelse, pur con molta fatica, di raccontare e condividere la sua esperienza e così ha continuato a fare, finché l'età gliel'ha permesso. Inizialmente diceva di non poter perdonare ai tedeschi quanto vissuto dalla sua famiglia. Ma poi, trovandosi di fronte tanti giovani delle scuole, a un certo punto spiegò che non se la sentiva più di portare avanti la logica dell'odio. E un giorno venne intervistato da un giornalista di un canale televisivo tedesco, che gli comunicò di aver rintracciato il caporale Albert Mayer, responsabile proprio della strage di Cerpiano. Il giornalista gli chiese cosa avrebbe fatto se lo avesse incontrato e Francesco rispose che lo avrebbe perdonato.