(Bologna) Piccole centrali nucleari, con reattori modulari da 200 MWe. Quattro di questi, ad esempio, sarebbero in grado di soddisfare il fabbisogno di energia elettrica di Roma. Il tutto prodotto in serie, a livello industriale. E il combustibile? È il Mox, una ’miscela’ di uranio e plutonio che si può ricavare dai rifiuti radioattivi delle attuali centrali nucleari debitamente riprocessati: riciclati, insomma. L’obiettivo di newcleo è dichiarato fin dalla sua creazione: sviluppare (in Italia) e commercializzare (all’estero) entro il 2033 centrali nucleari di quarta generazione, basate su reattori veloci a fissione refrigerati a piombo liquido, per sostituire quelle di seconda e terza generazione ancora in esercizio. E chiudere il ciclo del combustibile nucleare, riciclando rifiuti radioattivi e riducendone così drasticamente i volumi e i tempi di decadimento.
"Al Brasimone produrremo il simulatore del reattore, Precursor: 10 MWe di potenza, ma sarà interamente elettrico, senza materiale radioattivo o combustibile nucleare simulato, invece, da canne scaldanti elettriche come in una sorta di enorme ’scaldabagno’", esemplifica per i non addetti ai lavori Cosimo Garofalo, Head of Site Construction di newcleo, 78 primavere e mezzo secolo di attività nel nucleare in giro per l’Europa e trascorsi all’Ansaldo Nucleare. Per la start up torinese con sede legale in Francia (tra i cui azionisti c’è il gotha dell’imprenditoria italiana e realtà come Exor Seeds e Azimut) Garofalo ha il compito di coordinare i montaggi e la messa in esercizio di Precursor entro la fine del 2026: costo stimato 40 milioni di euro, cantiere al via a metà 2025. Poi, entro il 2031 l’attivazione di un prototipo nucleare da 30 MWe (LFR-AS-30) in Francia e arrivare, infine, nel 2033, alla prima, vera centrale, con quattro reattori da 200 MWe (LFR-AS-200), presumibilmente nel Regno Unito. Prezzo ’di listino’, circa 800 milioni di euro per una durata d’esercizio di una sessantina d’anni "e gestione diretta nostra dell’impianto", sottolineano. La vision è "contribuire al processo di decarbonizzazione (obbligo al 2050, ndr) con un mix energetico sostenibile, sostituendo le fonti fossili col nucleare al fianco di rinnovabili tradizionali".
Rispetto alla timeline, newcleo sta eseguendo proprio in questi mesi, al Brasimone, dei test propedeutici per Precursor che, per prestazioni termo-fluidodinamiche, meccaniche e funzionali sarà in tutto e per tutto identico al reattore nucleare. "Stiamo facendo la qualifica dei materiali e dei codici di calcolo", spiega Andrea Di Ronco, Experimental engineer di newcleo che ci accompagna con Garofalo lungo il miglio verde – il lunghissimo corridoio della parte del centro Enea rimessa a nuovo dalla start up – e che da un anno, coi colleghi, fa la spola da Bologna ogni giorno con la navetta aziendale. Sono 25, per ora, i dipendenti newcleo ma diventeranno 50 entro l’anno.
Precursor, quando attivato, arriverà a produrre realmente 2-3 MWe di energia elettrica. Le canne scaldanti, da 13mila euro l’una, infatti, fungeranno da carburante, ma nei reattori ’veri’ entreranno barrette di Mox: per il 70% uranio impoverito, scarto delle attività di arricchimento per le centrali nel mondo e 30% plutonio, anche in questo da recupero di scarti. Nessuna estrazione di nuovo materiale, assicurano. "La gestione dei rifiuti radioattivi è in capo ai singoli Paesi produttori ed è un problema – analizza Garofalo –: l’Italia, fino a oggi, si è limitata a mandarli all’estero, ma dovranno ’rientrare’". newcleo si candida quindi a essere anche il primo produttore europeo di Mox (con un sito in Francia, ndr) per i reattori veloci di quarta generazione, attingendo dai vari depositi del combustibile già usato in altre centrali nucleari tradizionali e riprocessandolo. Dai mini-reattori, sono convinti, usciranno scarti – circa un metro cubo annuo – che torneranno alla radioattività naturale "in 200-400 anni anziché in 100mila e potranno essere gestiti in soli depositi di superficie nazionali, come i rifiuti urbani".
c. d.