Bologna, 23 novembre 2021 - Parlerà. E cercherà di difendersi da tutte le bordate che Procura e carabinieri gli contestano: spaccio, ma soprattutto favoreggiamento della prostituzione. Ore 14, interrogatorio di garanzia, la parola passerà al 46enne imprenditore di Bologna (S.M.) che da venerdì si trova ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sui festini a base di cocaina e sesso nata da uno stralcio di Villa Inferno.
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"Una misura eccessiva – spiegava alcuni giorni fa l’avvocato Matteo Murgo annunciando l’impugnazione al Riesame – rispetto all’esiguità dei fatti contestati". Proprio l’imprenditore, già gestore di un locale sui colli, sarebbe stato il tramite tra professionisti a caccia di serate proibite e ragazze indotte alla prostituzione (ma nell’inchiesta ci sono altri indagati). "Hai due zoc...?", chiede un amico in una delle tante telefonate agli atti. Il 46enne risponde: "Devo sentire le ragazze e ti faccio sapere".
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Gli atti
Un’inchiesta che nasce dalle dichiarazioni di una quarantenne che a novembre 2020, in piena indagine su Villa Inferno, parlò di serate proibite, facendo nomi di professionisti, locali ’in’, coca e sesso nelle ville della Bolobene. Per l’indagato la Procura aveva chiesto il carcere, il gip Alberto Ziroldi ha disposto invece i domiciliari riqualificando le cessioni di droga (tre gli episodi contestati) in lieve entità; ritenendo l’ipotesi di inquinamento di prove solo per il reato di favoreggiamento della prostituzione. L’uomo deve rispondere anche di morte come conseguenza di altro reato, ovvero – secondo le accuse di due donne – per aver ceduto cocaina a un amico tennista, poi deceduto: era il 2017.
Testimoni
Davanti al pm Stefano Dambruoso e ai carabinieri del Nucleo Investigativo, sono finite una trentina di persone, tra i professionisti tirati in ballo dalla superteste, e una decina di ragazze coinvolte. Da quei racconti, corroborati dalle intercettazioni, l’accusa è riuscita a mettere in fila i presunti fatti delittuosi andati avanti "dal 17 dicembre 2017 e a tutt’oggi in essere". Spiega una testimone che dopo una festa in una villa di Bologna, organizzata da S.M., parte della comitiva si trasferì in un’abitazione in zona Saragozza dove la "cocaina era già lì, sui piatti e divisa in righe". E con essa c’erano "due giovani straniere già svestite", pronte a fare sesso.
La donna
L’uomo deve rispondere anche di intralcio alla giustizia per aver minacciato la supertestimone in un ristorante in zona San Vitale il 28 ottobre scorso, sventolandole il suo verbale testimoniale. "Una falla nella giustizia – chiosa l’avvocato Barbara Iannucelli –, quelle sit come facevano ad essere in possesso dell’indagato? Soprattutto di fronte a un’inchiesta ancora aperta".