REDAZIONE BOLOGNA

"Fatture false per oltre un milione di euro"

L’accusa: operazioni inesistenti per evadere le tasse tramite due ’cartiere’ di Roma. Tredici imputati

"Fatture false per oltre un milione di euro"

Indagine della Finanza per un presunto giro di fatturazioni false tra Bologna e Roma (foto d’archivio)

Avrebbero fatturato per operazioni inesistenti, per oltre un milione e 100mila euro, al fine di non pagare le tasse: questa l’accusa della Procura di Bologna, per cui ieri si è svolta l’udienza preliminare davanti al gup Nadia Buttelli, pm Nicola Scalabrini, con tredici imputati.

È stato disposto il rinvio al 9 aprile 2025 per i patteggiamenti, le questioni preliminari, la questione di legittimità costituzionale e per discutere tutte le altre questioni di udienze preliminari alla luce delle tante memorie depositate.

Probabilmente, alla fine patteggeranno cinque dei tredici imputati, assistiti dagli avvocati Federico Canova, Rosalia Del Vecchio, Giacomo Nanni, Matteo Nanni, Angelo Scavone, Sergio Tanzillo. Angelo Riccio, Fabio Chiarini, Lamberto Carraro, Marco Sciascio, Niccolò Cecchini, Francesco Gaspardini, Angelita Tocci.

Se qualcuno ha scelto la strada del patteggiamento, altri hanno invece intenzione di sostenere la propria innocenza e hanno già depositato le memorie, dichiarando che quelle fatture, nel proprio caso, corrispondevano ad operazioni per lavori che erano stati effettivamente svolti.

Secondo l’accusa, tutto sarebbe partito da due cartiere di Roma (la Business Voyager srls e la Cosmoservice srls, una seguita all’altra), riconducibili ad un’unica persona (nel frattempo deceduta), considerata dagli inquirenti come il vertice dell’organizzazione. Secondo la Procura, che contesta un’unica vicenda (ventotto i capi di imputazione), usufruirono di queste fatturazioni ‘fasulle’ diverse ditte del Bolognese (i cui titolari sono ora imputati), tra città e provincia, e anche per diverso tempo, allo scopo di evadere le tasse: a qualcuno, tra i singoli imputati, vengono contestate operazioni anche per 100mila o 200mila euro ciascuno, per un totale di un’infinità di fatture per operazioni inesistenti che, per gli inquirenti, sarebbero andate avanti da ben quattro anni. Tutte azioni, secondo l’accusa, messe a punto al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti.

In qualche caso, stando alle indagini, tra coloro che avrebbero approfittato di questa macchina organizzativa di stampo romano ci sarebbero state delle aziende vere e proprie, alcune anche parecchio note sul territorio provinciale, mentre in alcuni casi si sarebbe mossa una persona singola con ditta individuale.

c. g.