L’idea di abitare il pensiero delle proprie canzoni spinge i Fast Animals and Slow Kids a collezionare le chiavi di camere d’albergo arredate con sogni, illusioni e ricordi di vita. Quelle dell’ultimo album Hotel Esistenza, che la band perugina presenta stasera all’Estragon (sold out), unica tappa emiliana del Festa Tour. "Ci serviva un contenitore, che sentissimo nostro, in cui mettere per le tante esistenze raccontate dalle canzoni" racconta il frontman Aimone Romizi, affiancato da Alessandro Guercini, chitarre, Jacopo Gigliotti, basso, e Alessio Mingoli, batteria. "Così abbiamo pensato a un hotel di riviera dal nome evocativo tipo Miramare o Splendor. Quel tipo di albergo pieno di gente nella bella stagione su cui l’inverno cala il suo velo di nostalgia".
Un luogo d’incontri e di vita. "All’inizio c’erano 42 ‘stanze’, perché tanti erano i pezzi, poi abbiamo iniziato a togliere con un processo di sottrazione anche abbastanza doloroso e alla fine della ‘ristrutturazione’ siamo arrivati a queste 11, che raccontano le nostre esperienze dell’ultimo triennio".
Tra le memorie dei tanti hotel, veri o di fantasia, cantanti nelle canzoni, dal Chelsea della Joplin all’Heartbreak di Elvis, in quali vi piacerebbe prenotare una camera? "Il tema dell’hotel è uno dei topos del rock. Probabilmente sceglieremmo l’Hotel California degli Eagles, anche per l’alone di mistero che accompagna la narrazione fatta dal testo. E poi l’hotel è la casa del musicista che, vivendo sulla strada, ha solo quelle quattro pareti per ritrovare sé stesso".
Venite da un album con orchestra. Partentesi o punto e a capo? "È stata la fine di un ciclo e l’inizio di un altro. O meglio, un’esperienza formativa, perché ci siamo trovati ad interagire con un mondo che non conoscevamo e con una forma di scrittura che non era quella di sempre. Quando ti trovi a dover trasmettere le cose che hai dentro a un musicista che viene da un mondo completamente diverso dal tuo, devi sviluppare un altro linguaggio, imparare a parlare una nuova lingua. E, nel momento in cui ce la fai, ti si aprono davanti agli occhi altri mondi".
Da Willie Peyote a Ligabue, in questi anni avete sperimentato diverse forme di collaborazione. Ma in ‘Hotel Esistenza no’. Perché? "Perché non s’è costruito il ‘sistema amicale’ nel momento in cui stavamo scrivendo. Anche se di solito sono tutti progetti che vengono a latere della lavorazione dei dischi, magari dopo una cena, dopo una chiacchiera, e poi i Fask sono già di loro quattro ‘feat’, quattro teste, quattro visioni diverse unite in una band; ogni canzone diventa così un’avventura, il risultato di un Games of Thrones fatto di contrapposizioni, alleanze, tradimenti, al nostro interno".
E delle trentuno canzoni rimaste fuori dal disco cosa sarà? "Se non sono entrate nella rosa finale un motivo dovrà pur esserci. Questo significa che dobbiamo scrivere più e meglio, resettando tutto per ricominciare da capo. Qualche spunto, magari, troverà spazio in progetti futuri, ma la scelta di fondo è fare piazza pulita. C’è da dire che, per una nostra follia di gruppo, il primo pezzo nuovo ci viene sempre entro un mese dalla pubblicazione dell’album. Questo significa che qualcosa si sta già muovendo".
Aimone, lei s’è tagliato la chioma di un tempo. Nessuna sindrome tipo Sansone... "Mi sono reso conto che dopo dodici anni era arrivata l’ora di cambiare. Ho perso i capelli, ma non la forza. Spero".