FEDERICA ORLANDI
Cronaca

Bologna, ex medico Virtus arrestato per omicidio moglie: "Spinto dal morboso desiderio di stare con l’amante"

Nelle carte il movente di tipo sentimentale senza escludere quello economico. Il giudice: “Giampaolo Amato ha agito nonostante sapesse che probabilmente l’avrebbero scoperto". Ma l’interessato respinge le accuse: "Mia moglie (Isabella Linsalata) era depressa, prendeva farmaci"

Bologna, 12 aprile 2023 – Quell’ “irrefrenabile, morboso desiderio della propria amante" lo ha portato a uccidere. Nonostante sapesse che con ogni probabilità sarebbe stato "smascherato, guadagnandosi un ergastolo", perché in un sospetto simile – quello di avere avvelenato la moglie con delle benzodiazepine – era incappato già due anni prima. Ma la paura della condanna sarebbe stata inferiore al desiderio, che, assieme al movente economico, sarebbe stata la spinta che avrebbe azionato la mano di Giampaolo Amato, 64 anni, accusato dell’omicidio della moglie Isabella Linsalata, 62, il 31 ottobre del 2021. Solo la settimana scorsa è stata però disposta la misura cautelare in carcere nei confronti del medico, molto noto in città, dopo un anno e mezzo di indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri coordinate dalla Procura.

Giampaolo Amato, 64 anni, è accusato di avere avvelenato Isabella Linsalata nel 2021 con benzodiazepine e anestetici
Giampaolo Amato, 64 anni, è accusato di avere avvelenato Isabella Linsalata nel 2021 con benzodiazepine e anestetici

Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, nelle 141 pagine di ordinanza firmate dal gip Claudio Paris, il movente sarebbe stato duplice: di "tipo sentimentale", ma "senza escludere spinte di tipo economico".

Giampaolo Amato e Isabella Linsalata: i ritratti

Il medico sarebbe infatti stato dilaniato tra due "dolorosissime decisioni: la volontà di non fare soffrire la famiglia e il desiderio di vivere liberamente la sua relazione con la giovane amante", di trent’anni più giovane. Amante che non è indagata e che in seguito l’ha lasciato. Ma quel desiderio, "nella sua mente aveva un’incidenza soverchiante", benché non riuscisse a lasciare la moglie che pure da sempre sapeva della relazione clandestina, avendola scoperta già luglio 2018, quando era iniziata da appena un mese.

L’amante faceva pressioni da un lato perché lui lasciasse la famiglia, e lui mesi prima della morte della moglie la rassicurava: "Stai tranquilla tesoro, io voglio te. Nonostante le pressioni... Vedrai". Pressioni che anche la consorte gli faceva, perché non voleva si lasciassero e aveva acconsentito a continuare a vivere insieme, nello stesso edificio, sebbene lei al piano di sopra e lui in quello di sotto. Così, l’uomo non riusciva a decidersi, ricostruisce il giudice, e rimaneva in una situazione "di ambiguità". Nell’ambito della quale subiva "pressioni, frustrazioni, umiliazioni, che ne fanno un uomo all’angolo, infelice e pericoloso". Un’umiliazione fu per esempio la telefonata in altoparlante che la moglie lo costrinse a fare con l’amante, di fronte ad altri parenti, e che registrò mentre lui la lasciava e le diceva che "la loro storia (tra lui e la moglie, ndr) non poteva finire".

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Oppure ancora quando l’amante si presentò sotto casa della coppia e litigò con la figlia trentenne dei due medici. Una situazione che avrebbe "vanificato quell’aura di rispetto, frutto di narcisismo", che l’indagato desiderava per sé, si legge nell’ordinanza. E allora, "questo stato di cose si sarebbe risolto se avesse cessato di frapporsi l’unico ostacolo alla sua storia d’amore con l’amante, cioè il suo matrimonio". Si sarebbe risolto "in una maniera tutto sommato indolore – ricostruisce il gip nelle conclusioni – per l’immagine che lui vuole preservare di sé, se tale matrimonio fosse cessato per forze di causa maggiore per nulla riconducibili a lui e terze alle sue defaillances di marito e al suo desiderio potenzialmente trapelato o intuibile di lasciare la moglie per un’altra".

E allora ecco, già a maggio 2019 – ma forse anche prima, ché i primi svenimenti e mancamenti della moglie vengono notati da chi le sta accanto tra febbraio e marzo di quell’anno –, il tentativo di "attentare alla vita" di Isabella, con la bottiglia di vino riempita di benzodiazepine, come rivelato dal successivo lavoro del Ris dei carabinieri.

Un altro dettaglio è stato rilevato dagli inquirenti. Il desiderio espresso da Amato di cremare la moglie, dopo la sua morte. Un desiderio che la moglie non sembrava avere mai manifestato, prima. "Mi ha detto nostro figlio – avrebbe rivelato l’indagato durante uno dei due interrogatori che ha rilasciato nel corso dell’inchiesta –, che dopo la morte della madre, Isabella avrebbe voluto essere dispersa in un prato e non nella tomba di famiglia". Una scelta che però alla fine fu respinta dal resto dei familiari, e che appunto permise di effettuare la seconda autopsia e altri accertamenti dopo il decesso, decisivi nello stabilirne le cause.

Amato, comunque, si dichiara innocente. Riferisce che la moglie, da tempo affetta da depressione, prendeva già farmaci e ansiolitici; inoltre, essendo medico a propria volta, avrebbe potuto avere accesso alle sostanze che desiderava. E qualche volta, appunto, "faceva uso di farmaci per stare tranquilla". L’ipotesi sarebbe dunque quella di un gesto autoinflitto. Non solo: intercettato nel corso dell’indagine mentre dialoga anche con l’amante (da cui è stato appunto lasciato poco tempo dopo il decesso della moglie, forse proprio a causa del terribile sospetto da parte della donna di un gesto compiuto dell’amante, quando è stata invitata per essere sentita nel corso dell’attuale inchiesta), mai l’uomo fa riferimenti ad azioni estreme o violente nei confronti della moglie defunta o ad altro che lasci presumere una sorta di confessione. Ma per il gip, l’ipotesi di un suicidio è da rigettare: e addirittura nell’ultimo periodo Linsalata, a detta dei parenti, sarebbe stata "radiosa" perché "diversamente dal burrascoso passato i loro rapporti si erano rasserenati al punto da convincerla o farle fortemente sperare che stessero per tornare insieme". Così non è stato.