Bologna, 18 agosto 2023 – "‘Non siamo un bancomat’, disse il ministro Musumeci. Ecco, sicuramente non si rivolgeva a noi". Batte forte il cuore romagnolo nel petto di Vasco Errani, già presidente della Regione Emilia-Romagna per il Pd e parlamentare per Articolo 1 nella scorsa legislatura. Errani interviene sulla querelle della ricostruzione post alluvione con alle spalle due esperienze dirette: quella di governatore regionale durante il terremoto in Emilia nel 2012, e quella di commissario straordinario di governo alla ricostruzione delle zone colpite dal sisma del 24 agosto 2016, nel centro Italia. Dalla palude, secondo Errani, si viene fuori soltanto capendo "i problemi che vengono posti dal territorio, dalle imprese, dai cittadini".
Il 24 agosto arriva il commissario Figliuolo per un tavolo sulla ricostruzione in Regione. I territori sono esasperati, come se ne esce?
"C’è un grossissimo problema".
Quale?
"Credo siano indispensabili due cose. Prima di tutto, se parliamo di ristori, quindi di rimborsi ai danneggiati, dovremmo avere già un meccanismo di definizione dei rimborsi stessi, un fondo che assicuri subito al cittadino la somma spettante. Per il terremoto del 2012 si utilizzò il credito d’imposta e funzionò, come il fondo di Cassa depositi e prestiti. Si diedero della garanzie".
La seconda cosa?
"Stabilire con chiarezza quali siano i criteri dei rimborsi, chi e come ne abbia diritto. Tutta questa confusione è un fatto molto negativo, sia per le famiglie, sia per le imprese. Ripeto, questi meccanismi nella mia esperienza diedero delle garanzie ai cittadini che ne avevano diritto".
Dunque lei sta bocciando il governo su tutta la linea.
"Il governo ha fatto una scelta non condivisibile: quando c’è un’emergenza così grave non ci può essere una valutazione politicista. La cosa più lineare e più corretta sarebbe stata quella di investire e valorizzare il sistema istituzionale locale: non si ricostruisce senza assicurare un meccanismo automatico, abbiamo ancora le frane aperte e la gente per strada".
Bonaccini doveva essere il commissario?
"Sì, ero convinto che fosse la cosa più naturale. La ricostruzione funziona se la fondi sui sindaci e sui territori. E invece siamo davanti a una scelta politicista".
Secondo lei il governo Meloni sta già facendo campagna elettorale in vista delle Regionali del 2025?
"Non so, ma oggettivamente queste sono le cose emerse. Il governo è un soggetto decisivo, ma la collaborazione è una precondizione. E se finora nulla ha funzionato non è certo per la volontà della Regione Emilia–Romagna, né dei sindaci".
Lo scambio di lettere Bonaccini-Meloni l’ha colpita?
"Sono passati più di tre mesi e siamo ancora dove siamo: Bonaccini ha dimostrato una grande pazienza. Piuttosto, ho letto quella lettera della Meloni e l’ho trovata piuttosto piccata. Ancora una volta una risposta politica, niente sui problemi veri: le risorse in campo sono totalmente insufficienti".
Il tavolo del 24 per lei è già una sorta di ultima spiaggia?
"No, ma devono esserci risposte immediate. Diversamente sarà giusto mobilitarsi perché siamo fuori tempo massimo. Mobilitarsi non contro qualcuno, ma per ottenere ciò che è giusto e necessario. Per ricostruire si deve partire dai tavoli con i soggetti del territorio, sindaci, associazioni, cooperative. Il decreto commissariale è chiaro: quando si fanno i piani di intervento bisogna assicurare l’operatività. E mi lasci dire, io questa terra la conosco bene: nessuno vuole sprecare soldi in Romagna. Qui vogliamo soltanto risolvere i problemi, rimboccandoci le maniche".