‘Erodiàs + Mater strangosciàs’ è il frutto di un passaggio di consegne artistiche. Da Sandro Lombardi, storico interprete dei Tre lai di Giovanni Testori, all’attrice Anna Della Rosa. I Lai sono tre monologhi laceranti, scritti in forma di poesia e pronunciati da tre figure femminili. Il primo di questi, Cleopatràs, Anna Della Rosa l’ha portato in scena con la regia di Valter Malosti, direttore di Ert. Da stasera a domenica 17 novembre, con la regia di Lombardi, affronta il secondo e il terzo dei Lai: Erodiade (Erodiàs), una donna tormentata dalla follia per una relazione mai realizzata con il profeta Giovanni, e Maria di Nazareth (Mater strangosciàs), piena d’amore puro di fronte alla sofferenza del figlio durante il Calvario.
Della Rosa, cosa ha provato quando Lombardi le ha offerto la sua interpretazione dei Lai? "È stato un dono meraviglioso, un ‘felicissimo fulmine’. Aveva visto in video ‘Cleopatràs’ e ha voluto far rivivere uno spettacolo che ha amato tantissimo. Ho avvertito un felice senso di responsabilità, mi è stato consegnato un tesoro, l’eredità nel senso più alto del termine, qualcosa che è di Sandro e che diventa anche mio".
Come avete lavorato ai testi? "Mi ha spiegato con grandissima precisione il modo in cui lui ha attraversato questo fiume di parole: le pause, i respiri, il pianissimo, il crescendo. Allo stesso tempo mi diceva di non imitarlo, ma di farlo mio. Ed effettivamente è avvenuto: il mio cuore, in libertà, si è messo sul battito del suo. Ho scoperto e imparato tantissimo".
L’insegnamento più importante?
"Durante le prove Sandro mi seguiva e, mentre recitavo, mi incalzava, respirava con me. Mi ha portato per mano, tutto quello che mi ha suggerito era era il modo più vivo per far vivere quel testo. In fondo quello che fa un attore è essere se stesso nell’altro. La voce è mia, così come la sensibilità, la pelle, il sudore, i movimenti, ma sono anche di Sandro che sono anche di Testori, come dei travasi di vita da un corpo a un altro".
Le donne che porta in scena si trovano ad affrontare un’assenza profonda e dolorosa. Cosa la commuove delle loro storie?
"Della Mater strangosciàs l’amore assoluto, tenerissimo e struggente, per il figlio. È una donna del popolo che porta con sé umiltà e semplicità, ma allo stesso tempo viene investita del compito di mettere al mondo Gesù. L’amore e lo strazio lasceranno il posto a una rivolta contro Dio. Erodiàs mi fa molta tenerezza. È una donna pazza d’amore, anche ridicola nel suo disperarsi per un desiderio. Mi commuove ma mi fa anche sorridere".
Che cosa veicola al pubblico?
"Pezzi di grandissima umanità. La poesia e l’amore arrivano attraverso parole molto concrete. La lingua di Testori attinge tantissimo al dialetto milanese, ha recuperato dei modi di dire della sua famiglia, aggiungendo poi invenzioni, francesismi, latinismi e creando un linguaggio molto poetico e giocoso. Credo che per il pubblico sia un massaggio all’anima, poesia pura, si sente vibrare l’umano. Quell’essere che nasce, vive, muore, ama, si dispera, ma non smette mai di sperare e anelare. Quelli di Testori sono personaggi che amano, che sperano e che si battono per la vita. Penso che questo sia un bellissimo messaggio".
Amalia Apicella