FEDERICA ORLANDI
Cronaca

Ergastolo ad Amato: "Ha ucciso la suocera e la moglie Isabella con un mix di farmaci"

Ieri in serata la sentenza del presidente della Corte d’Assise, Di Bari. Per il medico disposto anche un anno e mezzo di isolamento diurno. La pm Plazzi: "Soddisfatti. Abbiamo lavorato in una situazione non facile".

Ergastolo ad Amato: "Ha ucciso la suocera e la moglie Isabella con un mix di farmaci"

Ieri in serata la sentenza del presidente della Corte d’Assise, Di Bari. Per il medico disposto anche un anno e mezzo di isolamento diurno. La pm Plazzi: "Soddisfatti. Abbiamo lavorato in una situazione non facile".

Ergastolo. Sono state vane le ultime lacrime di Giampaolo Amato, che alla Corte ha scongiurato di credere alla sua innocenza. Vani gli appelli dei suoi avvocati, ad assolvere "un uomo che viene accusato di due delitti che sono invece due morti naturali, perché non si può chiedere l’ergastolo senza spiegare come sono morte le presunte vittime, come lui le avrebbe uccise". E invece.

Il medico 65enne è stato condannato per l’omicidio aggravato della moglie Isabella Linsalata, pure lei medico di 62 anni, e della suocera Giulia Tateo, 87, ad appena ventidue giorni di distanza l’una dall’altra nell’ottobre del 2021, tramite un cocktail di Midazolam, una benzodiazepina, e Sevoflurano, un anestetico ospedaliero, cui entrambi i corpi sono risultati positivi senza che assumessero quei farmaci.

Condanna più dura, con isolamento diurno per un anno e mezzo e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Assoluzione però dall’accusa di peculato e dunque di aver trafugato i farmaci usati nei delitti in uno degli ospedali Ausl (parte civile con l’avvocato Katia Monti) in cui lavorava: "Ma perché? – chiede Amato ai suoi legali, gli avvocati Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna, con lo sguardo allibito dopo la lettura del dispositivo –. Dicono che le ho uccise con i farmaci, ma non che quelli li ho presi dall’ospedale? Allora come?". Dovrà anche risarcire la cognata Anna Maria e lo zio della moglie Nicola Tateo, parti civili con gli avvocati Maurizio Merlini e Francesca Stortoni, per rispettivamente 750mila e 230mila euro. L’aula del tribunale di via Farini era gremita, ieri sera, per la sentenza. Giunta dopo oltre sei ore di camera di consiglio, sciolta alle 20 passate. "Evitiamo commenti alla sentenza, dopo la lettura", ammonisce subito il presidente della Corte d’assise Pier Luigi Di Bari. Nessuno fiata. Nel pubblico, le amiche di Isabella, uno dei fratelli di Amato, la cognata, le cugine. Assenti i due figli della coppia, lontani per lavoro. Ma quando viene riferita loro l’esito del processo, al telefono, si disperano.

Soddisfatta la procuratrice aggiunta Morena Plazzi. "Abbiamo lavorato in una situazione non facile quanto a ricostruzione dei fatti – riflette –. Credo che la decisione della Corte sia conforme all’idea a cui siamo arrivati grazie al lavoro dei carabinieri, eccezionale, e del collega Domenico Ambrosino, che ha condotto le indagini, ma oggi non è qui. L’attività istruttoria è stata condotta dalla Corte d’assise con accuratezza, senza lasciare indietro nulla. È stata di certo una decisione difficile, ma è la conferma di un lavoro fatto con tutti i crismi del caso".

La mattina, l’udienza era stata riservata alle repliche delle parti dopo la discussione. E alle ultime dichiarazioni spontanee dell’imputato. Il quale, tra le lacrime, aveva ribadito ancora una volta ai giudici: "Sono stato descritto come assassino, mostro, mentitore seriale, sono stato umiliato. Ma io ho solo detto la verità, che è una sola. Non ho commesso crimini, sono innocente, ho sopportato abbastanza dolore in questa tragedia. Non riesco a farmi una ragione del fatto che gente che mi conosce da 50 anni possa credermi capace di violenza, per giunta contro Isabella, la cui morte è la più grande delle perdite". Un appello vano.