Bologna, 12 maggio 2022 - Dopo la polemica sulle affermazioni della stilista bolognese Elisabetta Franchi che preferisce puntare per le cariche di vertice su donne over 40 che hanno già fatto figli (salvo poi spiegare che nella sua azienda l'80% sono donne, 75% giovani impiegate e 5% manager e dirigenti), si è aperto il dibattito. Ma com'è la situazione in Italia? Mai così tante sono state le donne nei board delle società italiane, dice il rapporto Consob sulla Corporate governance, ma sono ancora poche quelle che raggiungono i ruoli apicali.
A fine 2021, infatti, il 41% degli incarichi di amministrazione nelle società quotate è esercitato da una donna, dato che rappresenta il massimo storico osservato sul mercato. Bene, ci sarebbe da commentare. Ma se andiamo a vedere chi fa l'amministratore delegato, le donne sono appena 16 (cioè il 2 per cento del mercato). Se, invece, guardiamo ai cda, scopriamo che grazie alla legge sulle quote di genere (la Golfo-Mosca) ci sono più donne che, tra l'altro, hanno concorso a modificare le caratteristiche dei membri dei consigli di amministrazione, abbassandone l'età media, innalzandone la quota di laureati e aumentandone la diversificazione dei profili professionali.
Morale: la Golfo-Mosca sulle quote, a distanza di 10 anni, si dimostra efficace. Un confronto su tutti: se nel 2021 la presenza delle donne nei consigli ha raggiunto il 41%, nel 2001 era ferma al 7%. Una svolta epocale. Per questo le donne dentro e fuori dal web si sono indignate a sentire le parole della stilista bolognese. Se tutte le donne di potere si facessero porta bandiera di questo necessario cambiamento culturale (da Franchi in avanti), invece che buttare a mare anche solo a parole tutto quello che si è conquistato, forse potremmo cancellare tante iniquità, a partire dal 'gender gap' delle retribuzioni. Pure nella civilissima Europa, guidata da Ursula von der Leyen, le donne guadagnano il 14,1 per cento in meno degli uomini.