Bologna, 11 maggio 2022 - «Elisabetta Franchi? È una donna capace e anzi penso che sia molto attenta alle donne in generale. Penso sia stata fraintesa". Interviene così Annalisa Sassi, imprenditrice parmigiana eletta pochi giorni fa alla guida di Confindustria Emilia-Romagna, a spezzare una lancia a favore della stilista finita nell’occhio del ciclone per aver spiegato in un’intervista di non assumere di solito donne giovani in ruoli di responsabilità per non correre il rischio di lunghe assenze in caso di maternità. Dopo l’accusa di "silenzio" da parte dell’associazione degli imprenditori da parte del sindaco Matteo Lepore, ieri l’altro, ora è proprio una imprenditrice donna a schierarsi a favore della collega, dopo la bufera che si è abbattuta su di lei nei giorni scorsi. "Presumo che sia stata male interpretata la sua esposizione – ipotizza dal canto suo il presidente di Confindustria Emilia Valter Caiumi –. Diamo per scontato che il diritto a procreare e a continuare la crescita e lo sviluppo dell’umanità sia davvero un diritto. Non possiamo fare un passo indietro".
Nel frattempo però le polemiche non si sono certo sopite. Ieri pomeriggio il sindacato di base Adl Cobas e i centri sociali Labas e Tpo hanno fatto un blitz davanti al negozio monomarca del brand Elisabetta Franchi in Galleria Cavour. I gruppi hanno raccontato l’azione su Facebook e pubblicato pure alcune foto in cui mostrano diverse attiviste in azione con megafoni, cartelli e uno striscione con scritto: "Diritti fuori moda? La nostra dignità prima dei vostri business". Sui cartelli lasciati sulle vetrine del negozio, invece, si legge: "Giovane e donna? Siamo Franchi: assumere non è di moda".
Con questa "visita" nel "cuore del lusso cittadino", scrivono le sigle protagoniste della protesta, "abbiamo ribadito che sulle nostre vite decidiamo noi, la nostra dignità e le nostre scelte di giovani, donne, lavoratrici non sono a disposizione di chi pretende di dare lezioni di vita mentre si arricchisce sulla nostra pelle". Le parole di Franchi "sono vergognose – attaccano Adl, Labas e Tpo – perché affermano un’idea di donna che ha l’obbligo ‘naturale’ di sposarsi, procreare, badare alla famiglia e in ogni caso di farlo da giovane e solo poi ambire forse a una realizzazione personale o autonomia lavorativa". Dichiarazioni a cui è poi seguita "la dissociazione tardiva e ipocrita di chi, nella politica e nell’imprenditoria – continua il comunicato – ora prende le distanze".
A fronte di ciò, tra le proposte avanzate dalle attiviste c’è la necessità di contrastare il gender pay gap, l’introduzione del salario minimo, l’aumento dei controlli sui luoghi di lavoro e l’estensione del reddito di cittadinanza. "Se è senza diritti – concludono Adl, Labas e Tpo – rifiutare il vostro lavoro è cool".