BENEDETTA CUCCI
Cronaca

Elda Ferri: "Faccio film che danno speranza"

La signora del cinema italiano ha prodotto pellicole come ’ Maledetti vi amerò’ e ’La vita è bella’. Venerdì per lei la Turrita

Elda Ferri: "Faccio film che danno speranza"

Elda Ferri: "Faccio film che danno speranza"

L’8 marzo si entrerà al Modernissimo alle 10,30, per assistere alla consegna della Turrita d’Argento a una donna bolognese che ha scritto, col suo lavoro di produttrice cinematografica, un bel capitolo di storia del cinema italiano, lavorando sempre con Roberto Faenza, poi Marco Tullio Giordana, Roberto Benigni, Giuliano Montaldo. Ma il suo racconto esistenziale è anche una bellissima storia della nostra città – da 50 anni vive a Roma –, di quegli anni Settanta in cui i giovani come lei credevano che avrebbero davvero cambiato il mondo. Elda Ferri riceverà dal sindaco Matteo Lepore il prestigioso riconoscimento e l’ingresso all’evento è libero.

Signora Ferri, com’è stato il suo cammino professionale?

"Quando Guido Fanti è diventato presidente della Regione, mi ha voluta nella sua segreteria, mi ha fatto un grande regalo. Proprio in quel tempo arrivò un gruppo di cineasti, Roberto Faenza, Beppe Licheri e altri, a proporre la televisione via cavo, cosa che non si fece, ma Fanti mi aveva delegato a trattare con loro e da lì venne fuori il discorso di un documentario che volevano fare, per cui mi chiesero del materiale: si trattava di ’Forza Italia!’. Il mio ingresso nel cinema è avvenuto così, perché poi mi chiesero di entrare in società con loro e nacque la Jean Vigo. Poi feci ’Maledetti vi amerò’ il primo film di Marco Tullio Giordana: era il proseguimento di quello che eravamo noi culturalmente, ideologicamente, politicamente. Ancora oggi non andiamo fuori da quella linea e non è stato sempre facile".

Un momento difficile in particolare?

"Quando facemmo ’Forza Italia!’, la reazione della Dc e dei giornali fu molto forte, ci bloccarono tutto perché era un film ironico, satirico, fatto con tutte le cose che dicevano loro, i democristiani. Fatto sta che non potemmo più lavorare, Faenza non poteva più fare film. Così siamo andati in America e abbiamo fatto ’Copkiller’ (uscito in Italia come ’L’assassino dei poliziotti’), con Johnny Lydon, Johnny Rotten e Harvey Keitel. Pochi giorni dopo l’uscita di ’Forza Italia!’ sequestrarono Aldo Moro che nel film c’era, ma si trattava di una persona che noi avevamo molto stimato. Quando fu ritrovato il memoriale di Moro nel covo brigatista in via Monte Nevoso, tra le memorie lui scriveva: ’se volete rendervi conto della spregiudicatezza dei miei colleghi di partito, basta vedere Forza Italia!’".

Com’è avvenuto l’incontro con Benigni che poi ha portato alla ’Vita è bella’, al David di Donatello come miglior produttrice nel 1998 e a una candidatura agli Oscar?

"Una casualità. Una sera ero al ristorante con Roberto Faenza e nello stesso posto c’era Roberto Benigni con Nicoletta Braschi e suo fratello. Mentre i due Roberti parlavano io mi sono messa a conversare con Nicoletta e Gianluigi. Dopo alcuni giorni Nicoletta mi ha chiamata chiedendomi se fossi interessata a lavorare con loro e per loro. Non conoscevo bene il lavoro di Benigni, ma accettai e nacque una collaborazione intensa e dei rapporti che porto nel cuore. Ancora ci vediamo".

’La vita è bella’ è stata una svolta per il suo lavoro.

"Quando abbiamo cominciato a fare il film non pensavamo che potesse ottenere un riconoscimento di quel genere. Quel successo però non ci ha cambiato come persone e nel modo di lavorare. Ci ha dato certamente più notorietà ed era più facile avvicinare persone, fare delle proposte. Quel traguardo mi ha permesso di fare tanti film che ho molto amato e sono sempre film dove c’è un emarginato, una persona meno fortunata, che poi alla fine ce la fa. È proprio una scelta di parlare di quella possibilità che può esserci per tutti. Credo mi venga da quegli anni bolognesi in cui la cultura era un valore, in cui credevo che studiando e lavorando e avendo conoscenza, avrei potuto vivere meglio".