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Andrea De Rosa firma l’adattamento di Sofocle da oggi all’Arena del Sole.
Da stasera a domenica il regista Andrea De Rosa, presenta al Teatro Arena del Sole il suo ’Edipo Re’, in cui torna a lavorare, dopo la fortunata collaborazione per ’Processo Galileo’, con il drammaturgo Fabrizio Sinisi per la traduzione del testo. Edipo è interpretato da Marco Foschi, affiancato da Roberto Latini nel ruolo di Tiresia, da Frédérique Loliée nella parte di Giocasta, Fabio Pasquini di Creonte e da un coro dalle molteplici voci di Francesca Cutolo e Francesca Della Monica. Graziella Pepe firma i costumi, Pasquale Mari le luci, G.U.P. Alcaro i suoni e Daniele Spanò le scene.
Considerato uno dei testi teatrali più importanti di tutti i tempi, ’Edipo re’ di Sofocle rappresenta il simbolo universale dell’eterno dissidio tra libertà e necessità, tra colpa e fato. Arrivato al potere grazie alla sua capacità di "far luce attraverso le parole", abilità che gli aveva permesso di sconfiggere la Sfinge che tormentava la città di Tebe, Edipo è costretto, attraverso una convulsa indagine retrospettiva, a scoprire che il suo passato è una lunga sequenza di orrori e delitti, fino a riconoscere la drammatica verità delle ultime, desolate parole del Coro: "Non dite mai di un uomo che è felice, finché non sia arrivato il suo ultimo giorno". Nella Tebe martoriata dalla peste, punizione che cade su un’intera città per l’omicidio del vecchio re Laio, tocca a Edipo, che ne ha preso il posto, scoprire la verità e punire il colpevole. Ovvero, Edipo stesso.
"La novità più importante di questo adattamento del testo di Sofocle – racconta il regista – consiste nell’aver affidato allo stesso attore i ruoli di Tiresia e di tutti i messaggeri. Non si tratta solo di uno stratagemma registico, ma di mettere in scena un personaggio che, di volta in volta, rappresenti una manifestazione del dio Apollo, della sua voce oscura, dei suoi oracoli".
Sarà infatti la voce di Apollo a guidarlo attraverso un’inchiesta in cui l’inquirente si rivelerà essere il colpevole. Presto si capirà che il medico che avrebbe dovuto guarire la città è la malattia. "Profezie, nascondimenti, mediazioni, enigmi – aggiunge Sinisi – ne fanno una vera e propria ’tragedia del linguaggio’. È nel linguaggio che la verità, qualunque essa sia, ’va in scena’, come lo svolgimento di un rito, di un mistero".