Bologna, 17 febbraio 2023 - “I poveri consumano la droga dei poveri". Con queste parole Raimondo Maria Pavarin, direttore dell’Osservatorio epidemiologico dipendenze patologiche dell’Ausl e presidente della Società italiana tossicodipendenze Emilia-Romagna, ha dato il via al convegno ’Il consumo di Crack: miti ed evidenze’, ieri nell’Aula Magna dell’ospedale Maggiore.
Il professor Pavarin, prima di discutere i dati sui consumatori della sostanza, ha mosso una critica al sistema informativo italiano: "C’è un errore di fondo, perché i consumatori di cocaina vengono registrati senza tenere in considerazione come questi la assumano e quindi vi è una sottostima del crack molto grossa, a livello regionale e italiano". Non esistono dunque stime affidabili sui consumatori di crack: "È un fenomeno un po’ nascosto sotto al tappeto, ma unendo gli accessi al pronto soccorso e i dati dei Serd (Servizio per le dipendenze, ndr ), siamo riusciti a fare una stima", racconta Pavarin.
A Bologna, nel biennio 2015-2016, erano 3.300 i consumatori; con il Covid c’è stato un calo (2.090) e nel biennio 2021-2022 sono risaliti a 3.674. "L’ età media è di 35 anni, uno su tre abusa d’alcol, il 44 per cento ha problemi psichiatrici e uno su tre non è nativo. Un quinto dei consumatori non si rivolge a un servizio sanitario, quindi c’è un dato sommerso importante".
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Ma cos’è il crack e come si differenzia dalla cocaina? La cocaina cloridrato, quella in polvere, può essere sniffata, iniettata o ingerita, ma non fumata. Per fumarla, si miscela con una sostanza alcalina come il bicarbonato di sodio o l’ammoniaca. E così, diventa crack. "La parola ’crack’ porta con sé stigma, marginalità, emarginazione sociale e crisi economica: il consumo della sostanza è particolarmente associato a povertà e a un accesso limitato ai servizi sociali e sanitari". Le altre due grandi differenze stanno nell’effetto e nell’accessibilità delle due sostanze. "La cocaina attraversa la barriera ematoencefalica e arriva al sistema nervoso centrale in 10-15 minuti, se sniffata – prosegue Pavarin – , in 3-5 se iniettata. L’effetto arriva dopo 45 minuti sniffata e dopo 20 iniettata". Assumendo il crack, invece, tutto è più veloce. "La sostanza – spiega ancora il professore – va in circolo fra i 10 e i 15 secondi e ha un effetto di cinque minuti. Un flash". Con il crack si prova una sensazione di euforia seguita da un brusco crash che porta spesso il desiderio di un’altra dose. "Il consumatore di crack sperimenta conseguenze più gravi, perché durando meno l’effetto ci sarà anche un consumo molto più frequente rispetto alla cocaina".
Qui subentra anche la seconda differenza: l’accessibilità e il costo della sostanza. "Se ho cinque euro in tasca, non posso comprarmi una dose di cocaina, ma posso andare dallo spacciatore che, con quei soldi, mi fa fare un tiro dalla pipetta – spiega infatti Pavarin –.La differenza sta nella velocità e nell’intensità della somministrazione, nell’accessibilità e nel costo, oltre che nell’ambiente culturale e sociale". Ci sarà quindi una maggiore probabilità di abuso e dipendenza, sintomi respiratori acuti, rischio di passaggio alla forma iniettiva e di consumare altre sostanze in aggiunta per prolungare l’effetto della sensazione di euforia dovuta al crack. Come l’alcol, per esempio.