NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

Droga Bologna, chiuso il bazar della coca. Tra i clienti le ragazze di Villa Inferno

Undici le misure cautelari emesse dal gip Truppa ed eseguite dai carabinieri della Bologna Centro. Tra gli arrestati c’è Danilo Cuomo

Più volte i residenti hanno segnalato pusher nell’area tra via Malvasia e via dello Scalo

Bologna, 11 novembre 2021 - Un bazar della cocaina, tra le case popolari di via dello Scalo. Dove, notte e giorno, chi chiedeva poteva trovare la polvere bianca. Una piazza frequentatissima, non gestita da un unico sodalizio criminale, ma da più gruppi che, in accordo e collaborazione tra loro, controllavano il mercato quotidianamente, con turni stabiliti, cellulari comuni e, all’occasione, metodi violenti per riscuotere il denaro. E dove si rifornivano anche le giovani squillo dell’inchiesta Villa Inferno. È il quadro tracciato dall’indagine ‘Bazar’, condotta tra maggio e settembre 2020 dai carabinieri del Nucleo operativo della compagnia Bologna centro, coordinati dal pm Stefano Dambruoso. Un’inchiesta concretizzatasi ieri, con l’esecuzione di undici misure (su 22 indagati), a carico dei soggetti ritenuti mente e braccio della fiorente attività di spaccio nel quadrilatero tra via Malvasia, via dello Scalo, via Pier De Crescenzi e via Casarini.

Villa Inferno Bologna, nuova inchiesta su cocaina e festini. Trema la città bene

Più volte i residenti hanno segnalato pusher nell’area tra via Malvasia e via dello Scalo
Più volte i residenti hanno segnalato pusher nell’area tra via Malvasia e via dello Scalo

L’incipit

Gli accertamenti che hanno portato agli odierni arresti (tre gli indagati finiti alla Dozza, un altro è latitante) sono costola dell’inchiesta Villa Inferno, sui festini a luci rosse a base di coca che avevano visto coinvolta anche una ragazza all’epoca dei fatti diciassettenne. Proprio una sua amica, una giovanissima prostituta che frequentava i festini, aveva, tra i suoi fornitori di coca, i ‘boss’ di via Malvasia. Stando a quanto ricostruito nel corso degli accertamenti tecnici e tradizionali svolti dai militari dell’Arma, la ragazza avrebbe più volte contattato, tramite un suo amico, Samuele Palomba e Danilo Cuomo, per rifornirsi di coca. Cessioni consumate nel fazzoletto verde compreso in quel quadrato di strade, già più volte finito ai (dis)onori delle cronache per la presenza massiccia di pusher e per le violenze connesse alle loro attività.

La conferenza stampa dei carabinieri
La conferenza stampa dei carabinieri

Gli indagati

Il gip Domenico Truppa ha firmato la custodia cautelare in carcere per quattro soggetti, tutti pregiudicati. Si tratta di Danilo Cuomo, 38 anni, figlio del più noto Ciro (al momento ai domiciliari per stalking e bancarotta fraudolenta), il suo ‘socio’ Alessandro Vita Kuzkin, 29 anni; e poi di Samuele Palomba, 23 anni, e del suo compare, un cittadino dell’Est attualmente irreperibile. Quest’ultimo, che viveva in un alloggio Acer di via Pier De Crescenzi, sarebbe stato, assieme a Palomba, fornitore della cocaina che poi anche Cuomo e Kuzkin a loro volta spacciavano a clienti fedelissimi. Nei soli quattro mesi di indagine, i carabinieri hanno accertato oltre 700 cessioni, avvenute esclusivamente a seguito di contatti telefonici. Mentre Palomba, che spesso si giovava della collaborazione del fratello nella gestione della piazza, lavorava esclusivamente in via dello Scalo, Cuomo e Kuzkin avrebbero spacciato anche in casa e a domicilio. Cuomo, in particolare, avrebbe più volte dato appuntamento ai suoi clienti nel bar del padre in via Saffi, per poi spostarsi insieme a casa e completare l’affare. Se si considera che molti degli acquirenti non usavano il telefono per raggiungere gli spacciatori, si ha idea della mole di cocaina movimentata dai due gruppi.

Le estorsioni

Cuomo, Kuzkin e un loro ‘collaboratore’, raggiunto da obbligo di dimora in città con domiciliari ‘notturni’, rispondono anche di estorsione, per avere, almeno in due occasioni, estorto o tentato di estorcere con la violenza a loro clienti il denaro dovuto per la droga. In un’occasione, vittima delle violenze è stato un loro stesso uomo di fiducia, attivo spacciatore della zona, che sarebbe stato raggiunto in casa e malmenato dai tre.

Le parole chiave

Ovviamente spacciatori e clienti utilizzavano un linguaggio ‘in codice’ per riferirsi agli stupefacenti, prediligendo un lessico gastronomico. Nelle 72 pagine di ordinanza si parla di hamburger, pizze, panini e di cene al ristorante per cinque... alle quattro del pomeriggio. Cuomo e Kuzkin, poi, avevano anche coniato il neologismo ‘ghenghere’ per riferirsi ai grammi di coca. Se dovevano far riferimento alle forze dell’ordine, parlavano invece di "brutta gente".

Espansione del mercato

Dall’attività d’indagine relativa all’inchiesta Villa Inferno è emersa anche la figura di M. D. M., 28 anni, di Imola, gestore di un bar in centro a Bologna, ora all’obbligo di dimora. L’uomo, da quanto emerso nelle conversazioni intercettate dai carabinieri, oltre a gestire un nutrito giro di spaccio di coca, parlava di voler ampliare il suo mercato agli studenti, buttandosi sulla marijuana, acquistandone "10, 20 chili alla volta", come dice intercettato in auto, e ‘sconfinando’ in zona universitaria.

L’urgenza della risposta

L’inchiesta coordinata dal pm Dambruoso ha permesso di scardinare un grave tumore sociale, che rischiava di infiltrarsi, in profondità, nel fragile tessuto della zona. Scrive il gip nell’ordinanza: "Pur non assumendo i caratteri di organizzazione (...) tipica di altre zone d’Italia il fenomeno di assoluto rilievo penale (e sociale negativo) obbliga a prendere atto che in pieno centro a Bologna possa dirsi in essere un’impresa di vero e proprio bazar della droga (...) dove il radicarsi in maniera sempre più profonda del potere economico di questi soggetti e dei diversi aiutanti e sodali degli stessi sta determinando la degenerazione del quartiere stesso e delle persone che lo abitano, essendosi registrati fenomeni di solidarietà di alcuni stabili e dei relativi abitanti con alcuni spacciatori".