MASSIMO SELLERI
Cronaca

Dozza, così gli ex detenuti trovano lavoro

Al convegno in carcere presentati i risultati del progetto Fdi nato dieci anni fa dall’impegno di Marchesini Group, Gd e Ima

di Massimo Selleri

"Nessuno conosce veramente una nazione fino a quando non è stato nelle sue prigioni". Questo il pensiero di Nelson Mandela premio Nobel per la pace nel 1993. A giudicare da quello che succede alla Casa Circondariale Dozza le cose non vanno così male, almeno sotto le Due Torri. C’è una azienda che ha compiuto dieci anni e che svolge la sua attività produttiva nei locali del carcere e c’è una struttura appena nata che ospita chi, nella parte finale della pena, può chiedere l’affidamento ai servizi sociali e viverci quotidianamente. Un compleanno e un battesimo festeggiati insieme ieri mattina durante il convegno ’Perché ne valga la pena – Esperienze di reinserimento’, tenuto nell’aula bunker del carcere e condotto da Michele Brambilla, direttore di QN e de il Resto del Carlino. "Non si tratta di elemosina – sottolinea Brambilla – ma di impresa vera".

L’azienda si chiama Fdi, acronimo di ’fare impresa in Dozza’, ha 35 dipendenti, tutti detenuti, si occupa di meccanica ed è nata dall’impegno di tre società del settore, Marchesini Group, Gd, Ima, a cui si è aggiunta la Faac in un secondo momento.

"Scegliamo chi ha una pena detentiva lunga – spiega Maurizio Marchesini, presidente di Fdi – così potrà avere uno sbocco lavorativo in regime di semilibertà. Questa è una azienda a tutti gli effetti che tenta di chiudere il suo bilancio in attivo".

I tutor sono operai in pensione ed è questa solidarietà tra generazioni che ha colpito il cardinale Matteo Zuppi. "Quando ho visto il rapporto tra un ragazzo tunisino e il suo tutor – osserva l’arcivescovo – ho capito che questo progetto funzionava. Dobbiamo ricordarci che con poco possiamo fare molto e che tutti dobbiamo fare qualcosa. Va vinta la logica del buttare via la chiave". Sono circa 50 gli ex carcerati che grazie a Fid hanno trovato una occupazione stabile. Al convegno hanno partecipato anche Rosa Alba Casella, la direttrice del carcere, Alvise Sbraccia dell’Alma Mater, padre Giovanni Mengoli, presidente del gruppo Ceis, Mauro Palma, garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, ed Emma Petitti, presidente dell’Assemblea Legislativa della Regione.

Il convegno si è poi spostato di qualche metro, per l’inaugurazione della casa ’Don Giuseppe Nozzi’ che, grazie al Ceis, il Centro italiano di solidarietà, ospita persone che affrontano la parte finale della loro pena in affidamento ai servizi. "Questo è un luogo di vita e di cittadinanza – sottolinea il sindaco Matteo Lepore – perché non offre solo un tetto alle persone, ma dà la possibilità ai suoi ospiti di incontrarsi e lavorare insieme. Daremo la cittadinanza onoraria ai tanti stranieri che sono nati qui perché vogliamo lo ius soli". La pena alternativa ha molti effetti positivi. "Questa opzione – spiega padre Mengoli – abbassa il rischio della recidiiva del reato. Questa prevenzione deve essere la nostra principale preoccupazione". La struttura è stata fortemente voluta dall’arcidiocesi e può ospitare fino a 8 persone in regime residenziale.