La morte di Kristina Gallo è "violenta per i blandi segni che indicano ciò sul corpo e per il fatto che l’intimo è stato strappato e il corpo è stato spostato da un terzo e in assenza di segnali reali che indicano una morte violenta nei referti autoptici". Così il giudice dell’udienza preliminare Sandro Pecorella inizia l’elenco dei sette motivi per cui ha condannato a trent’anni a Giuseppe Cappello, 45, accusato dell’omicidio aggravato dallo stalking all’ex amante Kristina Gallo, la giovane di 27 anni trovata senza vita dal fratello il 26 marzo 2019, nel suo appartamento di via Andrea Da Faenza. La condanna sarebbe stata all’ergastolo, scontata però dal rito abbreviato scelto dall’imputato.
"Cappello ha frequentato fino all’ultimo la sua casa", prosegue il gup, mentre il suo "dna è sull’intimo strappato di Kristina e sotto una delle sue unghie, cosa tipica di un’azione difensiva della vittima". In più, "gli spostamenti del cellulare indicano che Cappello può essere stato in casa di Gallo nei giorni in cui può essere avvenuta la morte" e le spiegazioni rese dall’imputato del modo in cui si era procurato alcuni graffi sospetti al collo e al torace (dicendo cioè di esserseli procurati lavorando rottami di ferro, ma di avere raccontato alla compagna che si trattava dell’esito di una lite in un bar, per giustificare il fatto di essere rincasato tardi dopo un incontro con Kristina) sono "francamente non veritiere".
Ricostruisce poi il giudice nelle 80 pagine di motivazione delle sentenza, che "l’unica persona che aveva reali ragioni di contrasto con Kristina era Cappello. Il quale il 9 marzo 2019 prese le sue chiavi di casa, secondo alcuni testi: a fronte di tutto, la conclusione è che Kristina Gallo è stata uccisa dall’imputato".
Parti civili erano la famiglia di Kristina (i genitori, il fratello e la figlioletta oggi undicenne, nata da una precedente relazione della donna e rappresentata dal padre) e l’associazione La caramella buona onlus. Inizialmente la morte di Kristina fu ritenuta naturale e perciò la Procura chiese l’archiviazione del caso; ma un successivo esame medico legale richiesto dalla famiglia della giovane in sede di opposizione rivelò un quadro ben diverso, cioè che la ragazza poteva essere stata strangolata. Perciò, tre anni dopo la sua morte, fu arrestato Cappello, nel luglio 2022. L’uomo da gennaio scorso è però ai domiciliari, scarcerato per motivi di salute.
"La motivazione della sentenza non mi sorprende; il tema dirimente circa la causa della morte di Kristina è rimasto ancora irrisolto – commenta l’avvocato difensore di Giuseppe Cappello, Gabriele Bordoni –. Avevo già previsto di impugnarla, ma adesso so che è assolutamente doveroso farlo".