Un anno e quattro mesi, con sospensione condizionale della pena. È quanto deciso dalla giudice Grazia Nart per Loredana Bicocchi, 72 anni, accusata di detenzione e porto illegale di armi: nello specifico, si tratta di un fucile calibro 12 (arma del presunto omicidio di Natalia Chinni, mai ritrovata) oltre che di numerose munizioni da caccia e di una pistola, in concorso con il marito. Il marito è Fabio Enrico Ferrari, attualmente a processo in Corte d’Assise per l’omicidio della cugina, Natalia Chinni, 72enne, assassinata con sette colpi di fucile a pallettoni il 29 ottobre 2021 a Santa Maria Villiana, frazione di Gaggio Montano.
L’imputata, che ha scelto il rito abbreviato (presuppone lo sconto di un terzo della pena) si è presentata ieri mattina in aula accompagnata dai suoi avvocati Franco Oliva e Angelita Tocci, legali anche di Ferrari. Per la Bicocchi, il pubblico ministero Alessandro Gustapane aveva chiesto un anno e cinque mesi, sempre con la condizionale. "Non farò – le prime parole dell’avvocato Oliva dopo la lettura del dispositivo – commenti nel merito perché aspetto di leggere le motivazioni. Posso dire, però, che si tratta di una sentenza ingiusta e che io non comprendo, motivo per cui sicuramente la impugneremo".
Tornando all’omicidio di Natalia Chinni, sta continuando il processo in Corte d’Assise che vede imputato Fabio Enrico Ferrari, cugino della vittima. Mercoledì scorso si è proceduto con l’ascolto dei teste citati dalla Procura, tra cui la figlia adottiva dei due coniugi, Valentina Ferrari. La donna è stata sentita relativamente ai rapporti che intercorrevano tra suo padre e la Chinni: "Ero a conoscenza – ha detto seduta al banco dei testimoni – che non andavano molto d’accordo". Per l’accusa, furono le continue liti dovute ai cinghiali ’invitati’ a scorrazzare in giardino (Ferrari era un grande appassionato di caccia, ndr) uno dei motivi del deterioramento dei rapporti tra i cugini e soprattutto della lite culminata nell’omicidio.
Ferrari avrebbe dunque attirato gli animali col mais per cacciarli, nonostante dal 2020 avesse il divieto di detenere armi, e avrebbe pure fatto alcuni buchi nella rete di recinzione del cortile della cugina per permettere loro di avvicinarsi. Chinni fu raggiunta da sette colpi d’arma da fuoco tra l’ombelico e le gambe proprio mentre si trova in ginocchio, intenta a riparare quella rete. Una scena che il figlio della vittima, Federico, ha ricordato la scorsa settimana davanti al presidente della Corte, Pier Luigi Di Bari: "Era come in un film dell’orrore: lei era a terra, con gli occhi sgranati. Quando i carabinieri hanno dissequestrato la casa, poco prima di Natale 2021, il sangue era ancora lì, sul pavimento. La sagoma di mamma. Per mesi io e papà non abbiamo avuto il coraggio di ripulirla, l’abbiamo coperta con un lenzuolo. Poi, a febbraio ci siamo decisi: due passate di mocio ed è sparito tutto".
Chiara Caravelli