di Nicola Bianchi
Ha gli occhioni scuri inondati di lacrime Giorgia. Sedici anni, smartphone sempre in mano, sguardo perso. Passeggia frettolosamente avanti e indietro, senza una meta, tra i banchi stracolmi di gente della chiesa della Madonna del Buon Consiglio di Castenaso. Sussurra in continuazione quella maledetta domanda che non troverà mai risposta: "Perché amiche mie è successo?". E’ il giorno dell’ultimo saluto ad Alessia e Giulia Pisanu, le sorelle di 15 e 17 anni finite sotto un Frecciarossa domenica mattina a Riccione dopo una serata di festa in discoteca. C’è il sole alto a Castenaso, la colonnina segna già 35 gradi alle 10 con don Francesco che annuncia la presenza di un’autobotte carica di acqua "per chi ne avesse bisogno".
L’ABBRACCIO
L’atmosfera dentro e fuori l’enorme struttura è irreale, vedere i tanti volti di adolescenti straziati e senza i loro spensierati sorrisi spacca il cuore. "Non è giusto", dice una madre. "No, non è giusto figlie mie", ripete Tania, la mamma di Alessia e Giulia che dal primo banco non fa che alzarsi e abbracciare e stringere mani alle decine di persone che cercano, invano, una parola di conforto. Accanto c’è Vittorio, l’ex marito e padre delle ragazze. Lo sguardo fisso verso quelle due bare candide con i nomi, Alessia e Giulia, impressi sul legno e accarezzate da girasoli e rose cristalline. Resta seduto, di sasso, nessun movimento, il pensiero fisso a quella maledetta domenica quando tutto si è spezzato, quando lui attendeva che la porta della casa di Castenaso si aprisse per vederle spuntare come sempre, per abbracciarle, per baciarle, per dirle ’ma quanto vi voglio bene’. Il suo cuore ora sputa fuori solo dolore per non essere riuscito a cambiare il destino. Le foto delle sue amatissime Alessia e Giulia sono a pochi passi. Papà Vittorio le fissa quasi per proteggerle un’ultima volta prima del loro viaggio. "Vittorio – dice un amico – è stato un grandissimo padre, ora non si darà mai pace".
IL SALUTO DI ZUPPI
Nella grande chiesa ci sono tutti: amici, parenti, istituzioni, un migliaio di persone. C’è l’onorevole Pier Ferdinando Casini, ci sono i sindaci di Samorì (paese sardo di origine della famiglia Pisanu), quello di Riccione, rappresentanti della Regione, del Comune di Bologna e della Città metropolitana, di Questure (Bologna e Rimini) e Prefettura. C’è Carlo Gubellini, primo cittadino di Castenaso che da subito si è prodigato per aiutare la famiglia delle ragazze. Alle 10.30 è lui il primo a prendere la parola e lo fa leggendo un messaggio dell’arcivescovo Matteo Zuppi. Una carezza verso la comunità che si è unita nel dolore dei Pisanu. "Il mistero di Dio – scrive il cardinale – si rivela proprio nella condivisione con la nostra fragile umanità". Tocca poi a don Giancarlo "accompagnare Giulia e Alessia all’incontro con il Signore", come recita la frase nel grande schermo che campeggia dietro all’altare. "E’ stato breve il loro cammino terreno – attacca il sacerdote – ma sappiamo che ora potranno godere di una giovinezza perenne". Da domenica, scandisce, "vediamo la cronaca di una tragedia, leggiamo giudizi, sentiamo uno strano vociare che ha creato la reazione di tutti". Tutti, l’affondo, che "hanno qualcosa da dire e che si sentono maestri". Poi "vediamo in Vittorio e Tania disperazione e dolore, quelli che il papà chiama il tunnel".
L’OMELIA
Giulia e Alessia "sono state due figlie volute, cresciute, amate, con un padre che ha vissuto per loro. Una madre oggi impietrita dal dolore, una sorella, Stefania, che ha fatto da mamma e da amica. Vediamo qui una splendida famiglia numerosa che ha vissuto una genuinità enorme". Ma davanti a tutto questo, si chiede don Giancarlo, con quel tragico finale, sembra che il male abbia vinto? "No – chiosa –, noi diciamo che il bene è più forte e che il dolore lo vivremo insieme, con Dio, senza farci stritolare". Ricorda Maria di Magdala, nel Vangelo secondo Giovanni, quando si recò al sepolcro dopo la morte di Gesù e trovò la pietra spostata. "Oggi ci sentiamo come lei, svuotati, perplessi, increduli e ci chiediamo perché. Ed è proprio adesso che siamo chiamati a un salto dentro la fedeltà di Dio", perché dopo aver arrancato ed essere caduti, "arriva la forza della resurrezione".
"FORZA, GIOVANI"
Alle due adolescenti, continua il sacerdote, "nella loro giovinezza sono state consegnate fiducia, stima, libertà e autonomia". E mentre "noi oggi sussurriamo", le sorelle "gridano a questo mondo di adulti di credere in loro, senza sospetto e con un carico di stima e fiducia". ’Andate in mare aperto’, il monito rivolto ai ragazzi presenti in chiesa, "noi rimarremo qui in porto ad aspettarvi, offrendovi un abbraccio e la grande terapia rigenerante del perdono".
E ai giovani si è rivolto anche il sindaco Gubellini nel discorso che ha chiuso la funzione con un invito "a reagire" per costruire la vita. "Si reagisce a catastrofi come queste soltanto non lasciando morire il desiderio di impegnarsi, prendendosi cura della propria fragile vita che è come un fiore, basta una sera e può svanire". Catastrofe nel greco vuol dire "capovolgere e a voi la possibilità di capovolgere persino questo intollerabile dolore in raggi di novità". Alle volte, scriveva Italo Calvino, uno si crede incompleto ed è soltanto giovane. "Vedete ragazzi – chiude – voi non siete un problema, nè tantomeno il problema del nostro tempo. Siete il presente, non una, ma la risorsa per qualcosa di veramente bello che ogni generazione cerca di costruire faticosamente".
Dopo il "grazie infinito" della famglia, è l’ora dell’addio. Le due bare escono lentamente in un oceano di applausi e lacrime. Come quelle di Giorgia, che non smette di chiedersi "perché", come quelle di Vittorio, Tania, di Stefania mentre decine di palloncini bianchi a forma di cuore si confondono con l’azzurro del cielo.