"Cesare nella sua vita ha messo sempre la faccia in tutto". Dopo decine di trasmissioni televisive, articoli di giornale, ritratti social, memorie personali ed episodi emersi dal ricordo collettivo, la famiglia di Cesare Ragazzi prima del congedo dal rito funebre che si è celebrato nella stessa chiesa dove fu battezzato e poi sposato ha affidato alla lettura di un’amica il ritratto autentico di Cesare Ragazzi.
Un messaggio letto all’assemblea commossa dal quale è emerso l’uomo "non perfetto. Certo! Ma chi lo è davvero? Cesare era una persona forte, un uomo deciso, il cui carattere si è forgiato sin da giovane lavorando fin da piccolo per aiutare la sua famiglia e affrontando le difficoltà di un’infanzia segnata dalle origini modeste e dalla povertà. Cresciuto in una generazione che ha vissuto il dopoguerra e non si è mai tirato indietro di fronte alle sfide della vita".
Aspetti che lui stesso aveva raccontato nel descrivere la fame (di pane, ma anche di vita) che viveva nella Bazzano della fine degli anni Cinquanta. Lui, di famiglia povera, che a sette anni vendeva i ‘brustulini’ allo stadio e che appena adolescente era capace di fare tre lavori: fino alla notte a suonare in uno dei 23 locali che si contavano nella ‘piccola Parigi’, dal mattino presto a vendere padelle o a lavorare nell’industria di Giorgio Pederzini, "che ha fatto tanto bene a tutti, e anche a me, perchè quando mi licenziò io lo ringraziai. Avevo già capito che non ero fatto per lavorare sotto padrone".
E poi la visione di quei film di indiani americani che toglievano lo scalpo alle loro vittime: "È da quelle scene che iniziai a sviluppare la mia ‘idea meravigliosa’". Cesare Ragazzi, uno di noi: "Per molti è stato un maestro, un capo, un fratello maggiore, un secondo padre o un grande amico. Per noi un papà, un marito e un nonno che si è sempre preso cura della famiglia. Dava sempre il massimo, e si aspettava lo stesso da chi gli stava vicino. Non ha mai smesso di credere nei suoi sogni e nelle sue idee, e ha sempre aiutato a sostenere quelle degli altri, con una generosità speciale, che era tipica di lui. Oggi lo possono testimoniare i tanti che sono qui".
Un discorso che ha toccato ancora la sua passione per la chitarra suonata fino a pochi giorni dalla morte, e al suo amore totale per la libertà. Un congedo caloroso accolto da un lungo applauso, prima del trasporto della bara sul sagrato e da lì nel vicino cimitero comunale.
Gabriele Mignardi