Si intitola Finding Form la mostra curata da Davide Ferri e dedicata all’artista tedesca Bettina Buck (scomparsa nel 2018) che si inagura il 31 gennaio nella sala convegni di Banca di Bologna a Palazzo De’ Toschi (fino al 19 febbraio in piazza Minghetti) e che fa parte dei Main project di Art City. Finding Form restituisce il percorso dell’artista a partire dalla sua ricerca ventennale sulla scultura come tensione verso una forma che è sempre in divenire, temporanea. Il progetto ruota attorno ad alcuni termini specifici della ricerca di Buck: la gravità, forza a cui la forma si assoggetta e cede; l’occultamento, allusione a una vita segreta della scultura, a una sua forma immaginata; infine, un’idea di domestico che identifica la scultura come qualcosa che prende forma nei nostri immediati dintorni alterando, piegando cose che senza l’intervento dell’artista restano, appunto, solo cose.
La mostra mette anche a fuoco la ’pratica’ di Buck, contraddistinta dall’uso di materiali comunemente impiegati negli spazi privati – gommapiuma, piastrelle, polistirolo, plastica – e connotata da gesti che con ironia e precisione ne sovvertono il senso. In ciascuno dei lavori poi il corpo è centrale. È l’unità di misura della scultura, e ne è anche metafora: la scultura, come il corpo, cerca la propria forma nel tempo.
Il cuore della mostra è ’Interlude I’, video di una camminata solitaria nella campagna inglese, in cui l’artista è ripresa mentre trascina una forma di gommapiuma che può diventare molte cose: ingombro o fardello, seduta e punto d’osservazione. Lo stesso parallelepipedo di gommapiuma è poi trasportato nelle sale della Galleria Nazionale di Roma in Interlude II. Qui dialoga con un paesaggio culturale, cambiando di volta in volta di senso e trasformando lo stesso corpo della performer, a contatto con le opere, i visitatori, l’architettura.
Le opere esposte si organizzano attorno a questi due lavori per assonanze e contrappunti. 3 Upright ad esempio è una scultura di tre elementi autoportanti che cambieranno forma per effetto della gravità, fino a crollare. Medusa Block ci invita a guardare l’opera da due punti di vista in cui ognuno esclude l’altro: o consideriamo il pilastro di gommapiuma come scultura, oppure lo identifichiamo come l’involucro che ci impedisce di vedere la scultura che contiene.
Di fatto, tutte le opere in mostra sono impegnate in un’azione: ci insegnano che il tempo imprime nel corpo della scultura – come nel nostro – una forma che anche se diversa da quella originaria può rivelarsi più profonda, ampia e imprevista.
Info: la mostra sarà visitabile l’1, il 2, il 3 e il 5 febbraio dalle 10 alle 20, sabato 4 febbraio, invece, l’orario si allunga dalle 10 alle 24. Fino al 19 febbraio, poi, l’allestimento è aperto solo i fine settimana: il venerdì dalle 17 alle 20 e sabato e domenica dalle 11 alle 20. Chiuso lunedì, martedì, mercoledì e giovedì, l’ingresso è libero.