Bologna, 6 febbraio 2020 - Professor Pierluigi Viale, quanti malati da esaminare per i dubbi dovuti al Coronavirus sono passati al Sant’Orsola? "Finora ne abbiamo avuti sei, di cui quattro corrispondevano alla definizione di caso sospetto emanata dall’Oms – risponde il direttore delle Malattie infettive e tra i componenti dell’unità di crisi attivata dalla Regione – ma erano tutti falsi allarmi".
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Quindi erano tutti colpiti da influenza stagionale? "Sì, dopo aver avuto l’esito dei test microbiologici, per fortuna non abbiamo avuto alcun dubbio: erano casi di influenza". Quante persone sono state ricoverate? "Quattro, mentre due sono tornate a casa subito, in isolamento domiciliare, fino all’esito del test". Tornavano tutti dalla Cina? "Sì, solo un bambino è arrivato da noi perché, pur non essendosi allontanato da Bologna, ha avuto sintomi di infezione respiratoria dopo il rientro di una sorellina dalla Cina e così anche il suo caso è stato approfondito: nessun problema". I malati sono passati dal Pronto soccorso? "Provenivano tutti dalla struttura di emergenza, dove sono stati gestiti, poi attraverso un’organizzazione molto precisa sono stati trasportati in reparto, dove è stato eseguito il tampone naso-faringeo e atteso l’esito". Quanto occorre per il test? "Cinque ore. Chi ha passato la notte in reparto è arrivato al Pronto soccorso nel pomeriggio e questo spiega la notte di degenza". Da infettivologo, che cosa pensa della situazione attuale? "Per noi medici italiani, oggi l’obiettivo è evitare i casi secondari, ossia quei contagi trasmessi da persone che potrebbe aver contratto l’infezione in Cina e poi passarla a chi non si è mai spostato da qui. Procediamo con l’esame sui pazienti che hanno la febbre o altri sintomi respiratori associati al criterio epidemiologico, ossia essere rientrati da meno di 14 giorni dalle zone dell’epidemia". Previsioni sul Coronavirus? "A oggi sono riportati poco più di 24mila casi, quindi si comincia ad avere i numeri idonei a capire le caratteristiche epidemiologiche della malattia. E su 24mila malati, solo poco più di 100 sono stati diagnosticati fuori dalla Cina: il sistema di contenimento messo in atto dalle autorità cinesi sta funzionando". Un buon segnale? "Certo. Se le autorità cinesi mantengono questa attenzione e se i sistemi sanitari di tutti i Paesi del mondo funzionano e riescono a intercettare i casi sospetti, come si sta facendo in Italia, le probabilità di una pandemia sono piuttosto basse". C’è sempre una percentuale di rischio? "Bisogna continuare a stare attenti, anche se non allarmati, perché siamo di fronte a un virus nuovo che non conosciamo, è questo è l’atteggiamento epidemiologicamente corretto. Oggi (ieri, ndr ) è uscito uno studio di un gruppo di epidemiologi giapponesi: stimano il tasso di mortalità tra il 3 e il 6 per mille casi, sovrapponibile a quello dell’influenza asiatica del 1967-68 e inferiore alla mortalità per Sars. Non sono tassi elevati, ma è nostro dovere contenere i possibili contagi".